L'avventura nello spazio ripresa dalla tv
Bezos, il miliardario verde che inquina come 300 aerei
L’ altro giorno è successo a Jeff Bezos: sparato a 350mila piedi su una navetta pressurizzata, giusto farsi una sgambata di dieci minuti oltre la ionosfera, ingoiato in un tutone spaziale e nell’euforia degli esploratori dell’impossibile. I tg e gli speciali tv si sono riempiti della missione molto cinefila del papà di Amazon.
Qualche giorno prima, c’era stato il razzo di Richard Branson: pure lui su è giù nel spazio come quelle terrificanti attrazioni di Gardaland che ti infilano lo stomaco in gola. E tra un po’ toccherà a Elon Musk, uno che da bambino, negli anni 70, nelle notti caldi di Pretoria, dalla sua stanzetta si stordiva di puntate intere di Star Trek; e sfogliava avidamente i racconti fantascientifici di Asimov e Bradbury; e osservava la Luna. La Luna sempre dietro il dito, ma sempre a portata di mano. Sempre alla ricerca “di nuovi mondi e civiltà, laddove nessun uomo è mai giunto prima” -come diceva il Capitano Kirk- dentro astronavi meravigliose, magari costruite dal padre ingegnere elettronico. Qualche anno dopo, l’astronave, Musk se l’è costruita lui e l’ha predisposta ad una capatina su Marte. Mah. Quant’è strana, e costosa, e soprattutto sideralmente inquinante questa moda del turismo spaziale per multimiliardari. Tra l’altro quasi tutti sono –giustamente- miliziani del green, sostenitori di Greta Thunberg e nemici giurati delle emissioni. Poi si scopre che i loro velieri cosmici, in realtà vomitano scorie “300 volte più di un jet”. E un jet inquina da cinque a dieci volte di più per passeggero rispetto ai voli commerciali di linea. E un volo commerciale di linea con circa 80 persone l’aereo produce 448 g di diossido di carbonio a passeggero per ogni chilometro percorso contro i 42 g prodotti dalle auto. Viaggiando in treno se ne producono solo 14 per chilometro, per dire. Fatevi due conti. Secondo tutte le statistiche ufficiali –non ultime quelle di Greenpaece-, l’aviazione ordinaria “incide in misura del 3% sul totale delle emissioni mondiali di CO2, che peraltro non è l’unico inquinante rilasciato dagli aerei: ad esso si devono aggiungere ossidi di azoto, particolato, monossido di carbonio, biossido di zolfo e composti organici volatili”. A livello globale, tra l’altro, i voli sono quasi triplicati dal 1990 a oggi; e, certo, magari 30 anni fa le compagnie aeree avevano in servizio velivoli molto più inquinanti di quelli attuali (più gli aerei invecchiano e più sono tecnologicamente arretrati, tanto più sono propulsi da motori più inquinanti); epperò, è ugualmente cresciuto, e di molto, l’inquinamento atmosferico. Senza contare che metà dei voli privati in Europa sono a breve raggio, su distanze inferiori a 500 chilometri; e che si potrebbero dunque percorrere con altro metodo, per esempio in treno o su un’auto elettrica, senza eccessivo dispendio di tempo in più e inquinando meno o niente. E qua parliamo di aeronautica ordinaria, aerie normali figuriamoci cosa accade con gli shuttle. Epperò, questo tripudio d’inquinamento, di emissioni e di temibili proiezioni statistiche, Bezos, Branson e Musk lo conoscono perfettamente. Tutti gli ecologisti, di andata e di ritorno sono al corrente malattie polmonari del pianeta, dal protocollo di Kyoto in su. Invece.
Invece, noi tutti, immersi in questa bolla d’ipocrisia, siamo oggi ad ammirare col naso all’insù questi meravigliosi taxisti dello spazio, avvolti quasi nel tepore del nostro stupore infantile. L’altro giorno, si diceva, è stato Bezos sulla sua navetta New Shepard ad aver superato l’inizio dello spazio - quella linea di Kármán a 100 chilometri di altezza che segna, appunto, il convenzionale “confine” – e dopo aver toccato un’altitudine di 350mila piedi (106 chilometri) è tornato indietro coi suoi ospiti, quattro turisti dalla lauta mancia e il suo copilota il fratello Mark. Ed è rientrato alla base in Texas incolume e sorridente come un bimbo che maneggia per la prima volta il giocattolo; e l’ha fatto proprio nel 52simo anniversario dello storico allunaggio. E le cronache americane sono state perfino commoventi: « “È un onore essere qui. Rilassatevi e godetevelo”, aveva detto solo pochi minuti prima del lancio l'incaricata delle comunicazioni con i primi viaggiatori di Blue Origin, la compagnia creata addirittura nel 2000 dall’uomo più ricco del mondo, 57 anni e beni per 213 miliardi di dollari, fondatore pure di quell’ Amazon di cui ha recentemente abbandonato la guida. “Vi sentiamo forte e chiaro” aveva risposto Bezos, la voce insolitamente incrinata dall’emozione>. Però quello che ha impressionato i cronisti è stata la presenza nella navicella di Oliver Daemen, figlio del miliardario Joes (fondatore di Somerset Capital Partners) eccitatissimo per la sensazione d’essere l’astronauta più giovane al mondo grazie a un last minutes, dato che il misterioso passeggero che aveva sborsato 28 milioni di dollari per il “passaggio” ha rinunciato per altri impegni...”.
Lo spazio per miliardari che inquinano e se ne fottono. Non so come la penserebbe il capitano Kirk…