Telebestiario
Rocco e i suoi fratelli: tra Merkel e Conte, biografia di un Portavoce
La copertina è un’aspirazione fuori tempo massimo. Rocco Casalino, in posa sulla poltrona del potentissimo Frank Underwood della serie tv House of cards è l’emblema del Palazzo sgretolato. La copertina del Richelieu di Giuseppe Conte campeggia, infatti, su una biografia uscita proprio nei giorni in cui il Presidente del Consiglio di Volturara Appula veniva defenestrato, mentre lo sguardo del suo portavoce si illiquidiva di malinconia davanti al plotone di saluto. E’ l’unica volta, da quando lo conosco, che Rocco, la Sfinge dell’Alto Salento, ha avuto sfiga.
Epperò, alla fine, come sempre, prevale il racconto di una vita assai densa. E contenuta, appunto, nel libro Il Portavoce (Piemme) che Rocco sta portando in giro tra giornali e palinsesti tv, con una furia ubiqua che nemmeno Bruno Vespa. E, a leggere il libro, chi si aspettava il retropalco, gli aneddoti della politica rimane deluso: in queste pagine frullano molta storia personale e intimità, e una discreta dose di paraculaggine insita nel personaggio. Sospetto, conoscendolo, che Rocco l’abbia dettate al suo editor via WhatApp. Tutti concordano sul fatto che la parte più evocativa del testo sia l’infanzia dell’ingegnere di Ceglie Messapica: roba molto derelitta, molto Oliver Twist col padre che violentava la madre e picchiava la sorella con tutti loro che si chiudevano in per fuggirne i raptus belluini. Grida, Rocco, al padre che non lo voleva ricchione e che gli ha rovinato la vita: "Muori. Devi morire! Pronuncio queste parole con lingua ferma, a voce né troppo alta né troppo bassa. Senza rabbia. Parole ferme, dure, normali (...) La rabbia ha impregnato ogni fibra del mio essere, ma è così da tanto tempo che è diventata tutt'uno con la mia anima e con il mio corpo” E ci sta. Ci sta anche l’infanzia di Rocco trascorsa per caso in Germania a Rankenthal, dove, ovviamente, lo picchiavano, lo insultavano e la chiamavano "Casalino formaggino" o "mangia-spaghetti" mentre lui guardava film da riscatto social tipo Karate Kid e Una donna in carriera, sognando la vendetta: «Cenavo con la Merkel e pensavo continuamente ai miei compagni da ragazzo. Mi chiedevo se ci fosse un modo di farglielo vedere a quelli che mi avevano preso in giro e bullizzato. Ho cercato sui social ma non riesco a trovarli. Sogno di mandare loro la foto di una cena con la Merkel con scritto: “Tu che mi hai insultato, picchiato, umiliato, tu che ti credevi chissà chi, tu dove sei adesso?”. Sogno di andare in una tv tedesca importante perché mi vedano quei tedeschi con cui sono cresciuto e che mi hanno fatto così male. Sogno che tornino a casa la sera dal lavoro, si siedano a tavola, accendano la televisione, mi vedano. E gli caschi la faccia nel piatto della zuppa». Ci sta, tutto questo ricettacolo di dolore. Che lo spinge a traguardi insospettati: la laurea in ingegneria elettronica, la fama col Grande Fratello e un mestiere un po’ fru fru che lo porta a incrociare le telecamere con Platinette e Vittorio Sgarbi; bazzicare l’agenzia di Lele Mora; urticare gli spettatori come polemista nei talk Mediaset più disparati. Allora si guadagnava la pagnotta con televendite da 20mila euro al mese. Eppoi, il cambio di passo: da giornalista a Telelombardia (ma non ci fu nessuna pressione politica della Lega a farti cacciare, caro Rocco, stavi semplicemente sulle balle all’editore) e a TeleNorba. E poi, finalmente l’autocandidatura al Movimento 5 Stelle per le elezioni regionali e l’irresistibile ascesa prima come anima della comunicazione del M5S, poi del Presidente del Consiglio (“Guarda alla cose concrete, è molto pragmatico, gli importa molto la realtà, poco delle fantasie dei giornali”) del quale Rocco stesso tesse odi sperticate come se fosse davvero il padre che aveva sognato d’avere.
Non so quanto ci sia di reale o artefatto, ma alcune pagine della biografia sono, in effetti, innervate d’emozioni. La prima vita in un call center; la scoperta dell’omosessualità nella sua storia con un cubano, pur avendo vissuto mezza vita da etero; l’attrazione per la politica di Di Vittorio e per la taranta; la candidatura (poi saltata) offerta da Veltroni nei Ds; il fascino del capitalismo; la cialtroneria unita ad una notevole intelligenza; la schiettezza e l’arroganza. Tutto questo è Rocco Casalino. Io me lo ricordo in un flash: seduti in un bar nella piazza di Ostuni, davanti a taralli e granita al caffè, a discutere su cosa voleva fare da grande. Mentre si sussurra di un suo ritorno a Mediaset, io giuro che mai avrei detto…