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“Sono un ottimo latinista”, scrisse Benedetto al Corriere dopo i volontari strafalcioni nella Declaratio

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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 (ENGLISH VERSION FOLLOWS)

 

Più se ne cava, più ne resta a cavar”, per dirla col Don Magnifico rossiniano.

Spunta un altro indizio a favore dell’ipotesi che Benedetto XVI non si sia mai dimesso, restando quell’”unico papa” di cui parla sempre (senza farne il nome) e che, da anni, Ratzinger stia continuando a inviare sottili messaggi a “chi ha orecchie per intendere”.

Ad esempio, gli errori di latino da lui inseriti nella Declaratio di dimissioni – apposta - secondo alcuni giuristi, QUI, latinisti QUI e teologi QUI per attirare l’attenzione sull’invalidità giuridica dell’atto (dicotomia munus-ministerium e differimento della rinuncia QUI: un escamotage per svelare la corruzione nella chiesa e annullare la chiesa massonico-mondialista bergogliana con una sorta di “Reset cattolicoQUI .

Ecco i fatti: il 12 febbraio 2013, a un giorno dalla Declaratio, il celebre filologo Luciano Canfora vi colse due gravissimi errori di latino e ne scrisse sul Corriere della Sera: “Peccato che, per una svista di qualche collaboratore, proprio nella frase cruciale sia stata inferta una ferita alla sintassi latina visto che al dativo ministerio viene collegato l’intollerabile accusativo commissum. Il 22, anche il latinista Wilfried Stroh ne scrisse sull’Abendzeitung di Monaco e, in novembre, il Card. Ravasi, ministro della cultura vaticano, ne parlò a L’Arena.

Il 16 agosto 2016, il Segretario del Tribunale della Segnatura Apostolica, Mons. Sciacca, spiega al vaticanista Tornielli, su La Stampa, come le dimissioni di Ratzinger fossero perfettamente regolari.

Tre settimane dopo, il 7 settembre, Benedetto XVI pubblica sul Corriere una lettera in cui esordisce così:  “Il testo della rinuncia L'HO SCRITTO IO. Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. L’ho scritto IN LATINO perché una cosa così IMPORTANTE si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco  COSI’ BENE da poter scrivere in modo DECOROSO. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche ERRORE”.

Plausibile? Dopo la “figuraccia” del 2013, quando già Canfora, Ravasi e Stroh lo avevano bacchettato davanti a tutto il mondo per i suoi errori di sintassi, come fa Benedetto XVI ad affermare il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso”? E ammette pure di averla scritta da solo!

Tra l’altro - abbiamo già notato - l’intera sua lettera può essere interpretata a rovescio, QUI  (quasi come nello “specchio” del Terzo Segreto di Fatima, di cui Ratzinger è cultore) come a dire “il pontefice sono solo io”. Infatti, non cita mai Francesco come papa, al più come un cardinale suo successore nelle funzioni pratiche, tanto che, di lui, scrive: “Non ha voluto indossare la mozzetta rossa, ma la cosa non mi ha toccato”, interpretabile anche come: “Non ha voluto indossare la mozzetta ROSSA DA CARDINALE - che gli spettava - e ha preferito vestirsi  di bianco”.

Ma le sorprese non sono finite. Siamo andati a ricercare la versione web dell’articolo di Luciano Canfora sul Corriere.it, letta nel 2018, quando per primi pubblicammo la tesi delle dimissioni appositamente invalide. Sorpresa: l’articolo free non è più disponibile; solo nel pdf del cartaceo e in abbonamento.

Su Google però, si trova ancora il testo residuo del pezzo, in html, senza grafica, sulla cronaca di Bari (città natale di Canfora) del Corriere. QUI

Possibile che la memoria ci tradisca, che un articolo sugli errori del papa corretti da un famoso filologo, già uscito sul cartaceo a pag. 17, fosse stato ripreso solo nella cronaca web di Bari e non sul Corriere.it nazionale? Forse al giornale è arrivata qualche “telefonata speciale”, ma i colleghi si sono dimenticati di rimuovere anche la citazione barese? Chissà.

Certo è che in questi giorni, dopo la pubblicazione di “Benedict XVI: pope emeritus?” della giurista Estefania Acosta, pare si stia sciogliendo un nodo dietro l’altro.

Bergoglio, due giorni fa, ha raccomandato: “Dobbiamo seminare semi di amore: i legalismi clericali sono un terreno arido”. Eppure, che male c’è a verificare se i “legalismi clericali” sono corretti? La Chiesa insegna da 2000 anni: “Veritas summa charitas est”

ENGLISH VERSION

“I am an excellent Latinist”, said Benedict to the Corriere della Sera, after writing his Declaratio

But  same Newspaper has erased from the Web the article by Dr. Luciano Canfora, leading Scholar of Latinity in Italy, which faulted it for its numerous errors

 

There has come to light another indication in favor of the hypothesis that Benedict XVI never resigned and has remained that “one Pope” of which he is continually speaking (without saying who that is), and who, for 8 years, has been constantly giving subtle messages to “he who has ears to hear”: such as the errors studiously inserted in the Latin text of his Declaration of resignation, to draw attention to its juridical invalidity (viz. the munus-ministerium distinction, and the declaration which regards a future date).  As jurists, Latin scholars and theologians have said: an act camouflaged to undo the Masonic-Globalist Bergoglian “church” with a sort of “Catholi Reset”.

Here are the facts of the case:  On the 12th of February in 2013, just one day after the publication of the Declaratio, the celebrated philologist Dr. Luciano Canfora was shocked to find two horrible errors in its Latin text, and wrote about this in the Corriere della Sera:  “It is a shame, that on account of the oversight of his collaborators, in the very crucial phrase the syntax of the Latin was given a mortal blow, seeing that the dative form “ministerio” was placed in the same phrase with an accusative “commissum” which supposed to modify it.  On Feb. 22nd, of the same year, even the latinist, Attorney Wilifried Stroh, wrote of it in the pages of the Abendzeitung of Munich, Bavaria, and, in November of that year, Cardinal Ravasi, the minister of culture at the Vatican, spoke of it likewise to the newspaper of Verona, the L’Arena.

On the 7th of September 2016, several weeks after the Secretary of the Tribunal of the Apostolic Signatura, Mons. Sciacca, has explained to the Vaticanista, Andrea Tornielli, in the pages of La Stampa, how the resignation of Ratzinger was perfectly regular, Benedict XVI published, in the Corriere, a letter in which he described his action in these words: “The text of the renunciation: I wrote it.  I cannot say, with precision, when, but at most two weeks beforehand.  I wrote it in Latin because something so important is done in Latin.  Moreover, Latin is a language which I know SO WELL that I can write it elegantly.  I should have also written it in Italian, naturally, but there was the danger that I might make some errors!” 

Does all this seem plausible? After the “embarrassment” of 2013, when Canfora, Ravasi and Stroh had criticized him in front of the entire world for his errors of syntax, how can Pope Benedict affirm that , “Latin is a language which I know so well that I can write it elegantly”?  Even while admitting he wrote it all by himself.

Moreover, as we have shown in our analyses, the entire Letter of 2016 can be read in entirely the opposite sense (in the light of the Third Secret of Fatima, of which Ratzinger was the publisher):  for he never cited Francis as the true pope, but rather as a cardinal successor in a merely practical ministry, so much so that he wrote: “He did not want to wear the read mozzetta, but that did not bother me”!  A phrase which could easily be understood to mean, “He did not want to wear the red mozzetta of a Cardinal, which was his duty, and preferred instead to dress in white”.

But the surprises do not end there.  As I went to look online at Corriere.it, for the text of the article of Dr. Luciano Confora, which I read there in 2018, when the Libero published my first article on the Resignation intentionally done badly, to my surprise, I found that the article was no longer available. It could only be found in the PDF version of the paper edition of that day, in the email boxes of those who subscribed to the newspaper.

Today, on Google, one finds only traces of the article, in html, in an indecorous manner, in the Cronaca di Bari the regional edition of the Corriere, published at the city of that name in Puglia, where Dr. Canfora lives

Is it probable that whoever chose to erase that one article from the web, which appeared on p. 17 of the Feb. 12th printed edition of the Corriere,  failed to remember that it was published simultaneously on line in the Cronica of Bari?  And for what reason, at the special request of by telephone from someone outside of Italy? Who knows.

What is certain is that in these days, following the publication of the book by Attorney Estefania Acosta, “Benedict XVI: pope emeritus?”, a lot of knots are unravelling.

Just two days ago, Bergoglio reminded us all:  “We need to sow seeds of love: clerical legalisms are barren ground”.  And yet, what harm is there in verifying if the “clerical legalisms” are correct? Has the Church not taught for 200o years, that “the highest Truth is charity?” (Veritas summa charitas est).

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