Discorsi
Joe Biden, "vincere l’odio”: l’utopia ridicola (e violenta) del pensiero unico
Con il discorso di insediamento di Joe Biden alla presidenza Usa, non poteva mancare il solito refrain: “vincere l’odio”.
Torna in mente la surreale e comicissima canzone di “Elio e le storie tese” intitolata: “Vincere l’odio”. Qui: https://www.youtube.com/watch?v=o_sBn34djMw
Dopo una serie di assurdi collage con i motivetti più noti e abusati della canzone italiana, il brano termina con una messa di voce quasi operistica: “E il messaggio che noi qui vogliam comunicar con questi ritornelli è … VINCERE L’ODIO! “.
Ovviamente la canzone ha perso a San Remo 2016 (e questo non può che andare a onore artistico del brano), ma il fatto che il gruppo pop abbia messo in ridicolo - con la divina saggezza dei giullari - questo luogo comune, offre il destro per una riflessione più seria.
Che senso ha dire “vogliamo vincere l’odio”? Chi stabilisce cosa è odio e cosa è “rabbia legittima esportata sul piano simbolico”? E’ una questione formale, forse dipende dal numero delle parolacce? Allora, perché l’odio vale se viene da destra, ma non da sinistra?
Insomma, gli interrogativi sono tanti, ma il sospetto più che fondato è che coloro i quali accusano altri di propagare odio, molto spesso è perché non si è d’accordo con loro. E’ il caso di quel parroco della terra dei fuochi che, recentemente, è stato accusato di “vomitare odio” dall’Arcigay solo perché ha protestato contro la dicitura “genitore 1 e 2” sui documenti.
L’odio è un tabù, nemmeno gli psicologi osano parlarne (al massimo trattano la "rabbia"), ricattati dalla censura del pensiero unico, ma, indubitabilmente, esso è uno dei colori della tavolozza dei sentimenti umani: gioia, invidia, ira, gelosia, tristezza, paura, nostalgia, noia, amore, per citarne alcuni e, appunto, odio.
Tuttavia, Madre Natura ha dipinto l’animo umano di varie sfumature – anche le più spiacevoli e perturbanti - non per caso.
La noia, ad esempio, è quella sensazione sgradevole creata per tirarci fuori dall’inattività e cercare nuovi stimoli; la tristezza serve a stimolare l’introspezione e a mobilitare forze vitali; l’invidia spinge ad acquisire quei beni ai quali sentiamo di avere diritto; il disgusto ci allontana da cose o comportamenti dannosi per noi stessi; l’ansia ci fa alzare la soglia di attenzione. E così via.
Quindi, ognuno di questi colori può servire a qualcosa di utile, A CONDIZIONE CHE SIA BEN ADOPERATO, incanalato, trasceso e sublimato grazie alla RAGIONE E ALLA CONSAPEVOLEZZA. Persino il film “Inside Out” prodotto dalla Disney - in uno dei suoi, ormai rari, momenti educativi, ha chiarito ai bimbi come entrare in contatto con i propri diversi sentimenti.
E perfino gli stessi social che bannano a destra e a manca con la protervia di un occupante militare, (si pensi ai casi recenti della pagina Facebook di Osho o del canale di Byoblu oscurato su Youtube, qui l'approfondimento) offrono nelle chat emoticon di tutti i tipi, anche quelle arrabbiate e furenti.
E allora l’odio a cosa servirebbe, dalla nostra natura ancestrale fino alla civiltà?
Rispondeva il comparatista Armando Gnisci, critico della letteratura dei migranti di tutto il mondo, (non certo uno di area sovranista) con una frase fulminante: “UNA GIUSTA PRATICA DELL’ODIO E’ LA VIRTU’ CHE CONSENTE DI APPALESARE IL MALE IN OGNI VESTE”.
E infatti proviamo a immaginare: se tutti odiassero la droga, la mafia, lo sfruttamento delle donne? Se tutti nutrissero forte ostilità simbolica verso la corruzione, l’inquinamento, l’evasione fiscale? Se la società detestasse con tutta l’anima l’illegalità, il degrado, gli abusi sui minori, i taglieggiamenti della criminalità organizzata, non si vivrebbe in un mondo migliore?
Si capisce quindi che tale sentimento, che si serve e si nutre anche di emozioni animali come rabbia e paura, è stato “progettato” biologicamente per contrastare un aggressore, un oppressore, una minaccia, qualcosa di male che mette a rischio la sopravvivenza e la libertà di se stessi e di tutti quelli che sono amati. In tale ottica, l’odio può suscitare il coraggio necessario per reagire e l’intelligenza sufficiente per escogitare soluzioni volte a salvare se stessi, la propria famiglia e il proprio gruppo sociale.
Quindi, sarà impopolare dirlo - ma la Natura non l’abbiamo fatta noi - anche l’odio, come tutti i sentimenti umani, ha in origine un suo ruolo sopravvivenziale. Ma attenzione: come sottolineava Gnisci, il punto è che tutti questi sentimenti, dal più luminoso, al più oscuro, le cui radici affondano nella biologia animale, necessitano di essere percepiti, compresi, raffinati, sublimati e incanalati per essere messi a frutto alla luce di regole etiche e morali.
Prendiamo, ad esempio, l’amore: nella sua accezione erotico-sentimentale serve BIOLOGICAMENTE a spingerci verso l’altro sesso per procreare. In modo più esteso e agapico, serve per prenderci cura della prole e per sopravvivere in gruppo attraverso forme di mutua solidarietà.
Eppure, un amore romantico non sottoposto al controllo della ragione, si può rivelare estremamente distruttivo, così come una forma di amore sociale zuccherosa, incauta, emotiva sfocia in un pericolosissimo irenismo che mette a rischio se stessi e la collettività. Pensiamo al sottovalutare, ad esempio, una persona che ci segue a tarda notte, o una nazione confinante che si sta armando pericolosamente: possono rivelarsi scelte esiziali per se stessi e per il proprio gruppo sociale.
Quindi, si può dire che un amore non mediato dalla ragione sia specularmente tanto pericoloso per se stessi quanto un odio ugualmente istintivo e irrazionale è pericoloso per gli altri.
Da questi banalissimi esempi, si capisce bene come la retorica CONTRO "L’ODIO" TOUT COURT sia uno dei più sciocchi dogmatismi del pensiero unico che, peraltro, fa invece larghissimo uso di odio puro, sebbene non dichiarato. Anzi, se ne pasce proprio perché è inconsapevole di esserne intriso.
Sono tanti i personaggi dell’universo radical che, tutto il giorno, non fanno che inneggiare a un mondo pacifico, pieno di amore e poi si accaniscono con odio genuino e feroce su chi non la pensa come loro, insultando pesantemente e infierendo a baionettate sull’aspetto fisico, sulle mogli, sui figli dei loro nemici. Pensiamo all’ultima uscita di Alan Friedman che ha definito impunemente Melania “la escort di Trump”. Roba da denuncia.
Insomma, chi vuole abolire un qualsiasi sentimento umano “d’ufficio”, che si tratti di amore, odio, tristezza, gioia, noia, gelosia, chi vuole condurre a un’”anoressia dei sentimenti” compie una forzatura gravissima e innaturale verso l’uomo, come se impedisse al suo corpo di svolgere un qualsiasi movimento fisico. E naturalmente, come si vede, il sentimento represso e non percepito, esplode sempre in forme incontrollate. Un po’ come quelli che si dicono “democratici” e non fanno parlare gli altri, o come quelli che si dicono “misericordiosi” e poi sono spietati verso gli oppositori.
Quindi, diffidate di tutti quelli che vi vogliono imbavagliare con la scusa che spargete ’”odio”: sono pericolosi. Reagite con correttezza formale, ma inflessibile determinazione: di solito utilizzano questi termini non perché il vostro non possa essere, in effetti, un giustificatissimo sdegno o una legittima preoccupazione, (questo dovrà essere valutato a parte) ma semplicemente perché non siete d’accordo con loro e, magari, voi avete in mano argomenti molto molto validi.
Per questo vi odiano e vi temono.