La rabbia e l'orgoglio
Giuseppe Giacomini: il fenomeno soprannaturale della “Trasfigurazione lirica”
Di solito gli articoli che parlano di Opera sono noiosi, critiche musicali barbogie per addetti ai lavori e appassionati - oggi - pieni di vezzi e birignao.
Qui invece vi vogliamo parlare di un fenomeno paranormale, soprannaturale, miracoloso: la TRASFIGURAZIONE dell’individuo operata dal CANTO LIRICO. Questo non è uno “stile di canto” o un “genere musicale”: è una facoltà corporea umana che consente di amplificare naturalmente la voce attraverso l’”eco scheletrico” - come lo definiva il foniatra Tomatis - , di renderla splendida, scintillante, smaltata, super-duttile e di creare un’onda acustica DIVERSA, capace di superare una barriera sonora di 80 elementi d’orchestra e di riempire un intero teatro senza alcun ausilio tecnologico. Ci rendiamo conto? E’ una facoltà umana, non uno stile di canto.
La trasfigurazione del cantante d’opera è forse la cosa che più si avvicina, nel mondo materiale, a quella metamorfosi che potrebbe coinvolgere l’anima umana dopo la morte (per chi ci crede).
Ne parliamo citando un tenore che in settembre ha compiuto 80 anni, il M° Giuseppe Giacomini, una delle più grandi voci del ‘900.
Il Maestro possiede, meglio degli altri, la particolarità di rendere ancor più visibile questo fenomeno, soprattutto nei suoi concerti: entra sul palco un uomo dall’aspetto mite e modesto, con lo sguardo timido, perfino un po’ impacciato nei movimenti. Un signore pacifico, con gli occhiali, che, a vederlo, potremmo ritrovarci nella vita di tutti i giorni, magari dietro il vetro dell'ufficio postale.
Si inchina con grata reverenza a un pubblico che, inspiegabilmente, già lo accoglie con fanatici applausi.
Un attimo di concentrazione ed ecco che si produce il FENOMENO: il direttore dà l’attacco e l’orchestra parte con qualche pagina esplosiva di Verdi, Giordano, o Puccini. Una valanga di armonici sembra subissare quel piccolo signore stempiato fermo in piedi lì, ad aspettare.
Ad un tratto, il sacerdote del Canto viene come posseduto da qualcosa di estraneo, di trascendente, che ne trasforma le fattezze: la sua figura diventa una specie di monumento, una scultura di Arno Breker e, dalla sua gola, esce senza sforzo, una voce sovrumana, scura come quella di un baritono, ma incredibilmente dotata di acuti squillanti e purissimi da tenore drammatico. Ma al di là dello straordinario mezzo vocale, lasciano impietriti i colori, gli accenti, il fraseggio, l’interpretazione: quell’ometto mite dalla voce flautata che nelle interviste parla con gli occhi bassi, esprimendo in modo quasi incerto concetti sottili, di rarefatta spiritualità, (qui il video) diventa l’essenza più pura di una colossale-virilità-eroica.
Si materializza davanti a tutti ANDREA CHENIER, poeta rivoluzionario che difende l’Amore schernito da una adolescente (qui il video). Appare OTELLO, che giura vendetta travolto da un sospetto di gelosia, (qui il video) oppure un antico eroe cinese, CALAF, autentico, assertivo, (qui il video) che giunge serio e senza gigionate al Do di petto finale per far esplodere la cavea del teatro in applausi isterici.
Le cose belle riconciliano con il mondo. Le cose stupende invece fanno venire voglia di metterlo a ferro e fuoco per distruggere il brutto. E ascoltando questo gigante, questo EROE NAZIONALE della cultura ignorato dai media, logorato da decenni di cattiverie di gentucola invidiosa, ferito nella sua delicata sensibilità, ghettizzato nel mondo pettegolo e inutilmente cattivo dei nerd-melomani, sale una RABBIA SENZA FINE.
Oggi, infatti, si incensano come grandi cantanti dei cocainomani tatuati, si lodano i loro latrati stonati emessi con vociacce afone, i loro testi insulsi e offensivi, carichi di volgarità e violenza, pseudo-artisti che fanno parlare di sé per i loro costumi corrotti o per le loro sciocche provocazioni, che presentano le loro miserevoli tare personali come medaglie orgogliose. E sdottorano, diventando maestri di pensiero e di ideali da baci Perugina, influenzando le masse e vendendo acqua di rubinetto a 10 euro alla bottiglia.
E poi abbiamo i GIUSEPPE GIACOMINI e gli altri grandi tenori, soprani, mezzosoprani, bassi, baritoni che hanno dedicato le loro vite, con studi logoranti, fatiche immense, stress pazzeschi, dolori mostruosi, coraggio da gladiatori, a tenere accesa la FIAMMA della forma artistica più completa e alta nella storia dell’umanità: l’Opera lirica.
Quegli artisti italiani che, quando muoiono, giornalisti senza licenza media ricordano - in trafiletti scritti controvoglia - come “il tenore Mirella Freni” o il “soprano Mario Del Monaco, grande interprete del barone Scampia” nella Tosca (un lubrico capo della polizia nei degradati quartieri meridionali?).
Un’ignoranza senza fine, errori raccapriccianti, un dileggio quasi volontario, un’indifferenza delinquenziale di cui è complice anche la tv di Stato che, invece di elevare gli spettatori, li rimbambisce di chiocce, inutili ciarle in cucina e di quiz demenziali.
Una atroce mancanza di coniderazione per l’unica cosa che ci rende degni di un RISPETTO TOTALE E INCONDIZIONATO in tutto il mondo. L’OPERA. Sì: è stata l’Italia a produrre questa forma d’arte SUPERIORE e non c’è parificazione politicamente corretta con altre forme musicali che tenga.
Abbiamo insegnato a cantare al mondo intero; abbiamo messo a punto la PIU' ALTA forma di preghiera laica che l’uomo possa esprimere, sfidando le possibilità del corpo e delle leggi dell'acustica.
Grazie, Maestro Giacomini, per quello sprazzo di Cielo che ci ha fatto intravedere. E ci perdoni, se può (guarda qui il video).