L'editoriale
La storia del bancomat del centrosinistra - auto definizione sua, cioè di Luigi Lusi, fino a prima dello scandalo senatore del Pd - si fa sempre più intrigante. Secondo l’Espresso di questa settimana, l’ex tesoriere della Margherita accusato di aver fatto sparire 20 milioni del disciolto partito ha regalato 866 mila euro anche a una fondazione presieduta da Francesco Rutelli. Tra un piatto di ostriche e una coppa di champagne, Lusi avrebbe insomma trovato il tempo anche di occuparsi degli amici. Gli assegni, appena inferiori ai 150 mila euro l’uno, sarebbero stati staccati quando l’ex sindaco di Roma aveva già lasciato il centrosinistra per spiccare il volo con la sua Api verso il Terzo polo. Per quale motivo, sebbene in liquidazione, un partito che aveva tra i suoi obiettivi la nascita del Pd finanziasse un gruppo concorrente al Pd è un mistero irrisolto. Così come appare senza risposta un altro interrogativo: è possibile che il finanziamento alla fondazione di Rutelli sia avvenuto all’insaputa dello stesso Rutelli? Il leader di Alleanza per l’Italia, microscopico partito nato e praticamente morto ancor prima di abbracciare Udc e Fli, nega tutto, definendo ridicole le accuse e sostenendo che si tratti di una manovra per depistare e inquinare le indagini a carico dell’ex tesoriere. Tuttavia il settimanale debenedettiano, nel numero in edicola, snocciola date e versamenti, aggiungendo che l’ultimo risalirebbe al luglio scorso, poco prima che qualcuno si accorgesse del fiume di denaro in uscita dalla Margherita verso strani conti. Non solo: i cronisti dell’Espresso hanno anche scoperto che nella sede del movimento di Rutelli lavorano dei dipendenti pagati dalla Margherita. Fosse vero, ciò vorrebbe dire che l’Api, partito concorrente di quello che la Margherita ha contribuito a fondare, fa il bello con i soldi degli altri. Finanziamenti e stipendi dei funzionari arrivano tutti dalla stessa cassa, quella di un gruppo che è confluito nel Pd. Una storia straordinaria, dove ciò che sembra chiaro non lo è e da cui si evince una sola certezza, ovvero che nei partiti e segnatamente nella Margherita giravano troppi quattrini. Una montagna di milioni che, nonostante i sindaci e un apposito comitato di tesorieri, nessuno controllava, e di cui Lusi disponeva con grande facilità e, forse, anche con qualche complicità. Rutelli, com’è nel suo stile, annuncia querele, ma da quel che si capisce la vicenda riserva ancora molti colpi di scena, perché a forza di passare al setaccio le operazioni finanziarie di Lusi è probabile che spuntino altre generose elargizioni. Ciò detto, oggi non vorremmo concentrarci troppo sugli affari compiuti all’ombra della Margherita: anche perché crediamo che a breve la magistratura ci dirà che fine ha fatto il tesoro di 210 milioni incassato dal partito un tempo guidato dall’ex sindaco. Piuttosto preferiamo rivolgere gli occhi verso altri due campioni della nostra sinistra al caviale: Michele Emiliano e Giuliano Pisapia. Del primo si parla da qualche giorno, da quando cioè è stato arrestato un consigliere regionale del Pd nonché costruttore di una certa fama. L’imprenditore prestato alla politica avrebbe unto qualche ruota di troppo e la Procura l’ha messo al gabbio. Dalle pieghe dell’inchiesta spuntano però una serie di dettagli che riguardano il sindaco, il quale - detto per inciso - è un uomo d’ordine, un tipo che prima di essere eletto faceva il pm e dunque per definizione uno che rispetta la legge. Ma cosa c’è nei faldoni a proposito di Emiliano? Robetta. Affari del cugino del primo cittadino con l’arrestato, l’assunzione di un dipendente e poi una cassa in regalo. Il sindaco dice di non ricordare chi gliel’abbia mandata, anche se l’omaggio non era di quelli che passano inosservati: champagne, ostriche imperiali, spigole, scampi, cozze e pure otto astici. Ovviamente niente di penalmente rilevante, semmai una costante tra i pasticci di Lusi e quelli pugliesi. In entrambi, infatti, si segnalano le ostriche e lo champagne, segno evidente che il centrosinistra si è evoluto e, forse che mitili e perlage non sono più di destra ma sono diventati progressisti. E, a proposito di mutazioni genetiche, segnaliamo anche un’interessante intercettazione captata da una Procura toscana. A riportarla è di nuovo il settimanale l’Espresso, secondo il quale a metà ottobre dello scorso anno gli inquirenti avrebbero ascoltato la conversazione tra Vito Gamberale, amministratore e azionista del fondo per le infrastrutture F2i e un misterioso interlocutore. Argomento la vendita di una quota Sea, società che gestisce gli aeroporti milanesi, da parte del Comune di Milano. Cosa si dicono i due? Gamberale si raccomanda che nel bando di gara per la cessione delle azioni non ci siano sorprese. E l’altro lo tranquillizza dicendo che tutto sarà costruito su misura, proprio come il fondo desidera. Guarda caso, dopo un paio di mesi, Gamberale - essendo rimasto il solo in gara - si aggiudica la quota. Insomma, un’operazione da centinaia di miliardi che consegna su misura a un fondo privato gli aeroporti milanesi. Adesso la faccenda sarebbe nelle mani della Procura di Milano, cui è stata trasmessa per competenza. Il fascicolo lo avrebbe direttamente il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. L’unica cosa che non sappiamo è se a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, c’è qualcuno che gusta ostriche e champagne. di Maurizio Belpietro