L'editoriale

Nicoletta Orlandi Posti

Quando a guidarla era Berlusconi la politica estera dell’Italia faceva ridere. Nel senso vero del termine. Il Cavaliere si presentava agli incontri internazionali facendo cucù e, come i ragazzini in posa per la foto di gruppo, giocava qualche scherzo ai compagni di vertice.  Per l’allora premier le relazioni tra i leader di due Paesi si costruivano con il rapporto personale e con le barzellette.  Un atteggiamento che è stato spesso oggetto di critica e di dileggio da parte degli organi di stampa di sinistra e degli avversari politici.  Però, se la politica estera di Silvio faceva ridere, quella di Monti fa piangere. E non soltanto per l’uccisione di Franco Lamolinara, il tecnico morto durante un blitz delle forze speciali inglesi scattato senza che il premier britannico sentisse il bisogno di coinvolgere quello italiano. Ma piuttosto perché ogni qualvolta ci sia una questione internazionale che esula dalle competenze economiche, si capisce che il governo Monti annaspa. Lo si è visto in particolare con la vicenda dei due marò sequestrati in India. Nonostante i militari italiani impegnati in una missione Nato fossero stati fermati in spregio ad ogni regola di diritto internazionale, il nostro ministro degli Esteri si è mosso in ritardo e per di più in maniera maldestra. Invece di coinvolgere l’Europa e l’Alleanza atlantica oppure di mostrare i muscoli facendo valere  i rapporti commerciali tra Italia e New Delhi, la Farnesina ha preferito andarci con i piedi di piombo, evitando di disturbare la missione economica di Terzi di Sant’Agata. Risultato? I nostri soldati sono stati tradotti in un carcere come i peggiori criminali. Insomma, Berlusconi avrà avuto tanti difetti, sarà stato anche impresentabile e seduto al tavolo avrà fatto la figura del nano tra i grandi. Sta di fatto che quando c’era da portare a casa un risultato, tra una storiella sconcia e una gaffe, riusciva sempre a raggiungere l’obiettivo. Basta riandare con la memoria ai nostri connazionali liberati in Iraq o Afghanistan, grazie a blitz o dietro congruo pagamento di un riscatto. Tranne il povero Baldoni, il quale fu ucciso prima ancora che fosse noto il suo rapimento, e Fabrizio Quattrocchi, che si ribellò ai sequestratori, tutti gli altri ostaggi furono riportati a casa incolumi dopo settimane o mesi di mediazione. Per quanto si sia riso di lui, è innegabile che il Cavaliere abbia giocato un ruolo determinante nel tenere insieme un pezzo d’Europa quando Bush decise di sfrattare Saddam e nei rapporti tra Russia e Usa - da Pratica di Mare alla crisi in Georgia - il suo contributo non è stato irrilevante. Sebbene ci fosse la volontà di denigrare la sua azione, e con essa di conseguenza l’immagine dell’Italia, Berlusconi in quegli anni giocò un ruolo importante. Oggi, nonostante l’enfasi che spesso si registra sulle pagine dei quotidiani filogovernativi, spiace invece dover constatare che non è così. Monti ha fatto un buon lavoro a livello di tenuta dei conti e, parlando la stessa lingua degli euroburocrati e dei funzionari di Wall Street, è riuscito a tranquillizzare i mercati, aiutato nella missione anche dal chetarsi della crisi greca e dalla massiccia iniezione di liquidità immessa nel sistema da Mario Draghi. Tuttavia, al di là dei buoni risultati sul fronte economico, il resto dell’attività di governo appare fiacco e povero di risultati. In particolare su scala internazionale. Già nutrivamo dubbi sulle capacità del ministro degli Esteri a causa dell’apatia dimostrata di fronte all’arresto dei nostri soldati. Ma dopo la tragica fine di Lamolinara si capisce che, pur avendo trascorso tutta la vita alla Farnesina, il numero uno della diplomazia non ha intessuto quella rete di contatti e di relazioni indispensabili in casi come questo. Non vogliamo dire ovviamente che sia colpa sua se l’intervento militare in Nigeria è andato male. Né vogliamo credere che  abbia saputo in anticipo dell’operazione militare condotta dalle teste di cuoio inglesi e abbia preferito tacere, così come alcuni quotidiani britannici hanno dato ad intendere. Però, essendoci un cittadino italiano nelle mani dei sequestratori ed avendo manifestato Downing Street la possibilità di un’opzione militare al posto di una diplomatica, forse sarebbe stato consigliabile approfondire le intenzioni di Londra. Come è noto, tutto ciò non è stato fatto e Franco Lamolinara è stato ucciso in uno scontro a fuoco che, dalle prime notizie, appare non essere stato valutato come avrebbe dovuto. Al di là delle colpe, certamente involontarie ma che dopo il caso dei marò richiederebbero una presa di responsabilità, appare evidente lo scarso peso del nuovo governo quando ha a che fare con i grandi. Già sulle questioni economiche il nostro Paese era stato trattato come uno scolaretto in ritardo sui compiti e Monti costretto quasi ad umiliarsi di fronte alla Merkel. Ora abbiamo preso un nuovo schiaffo e questa volta non sulla finanza, ma su questioni di vita e di morte. In India e in Nigeria l’Italia è stata considerata alla stregua del nulla. Quindi o impariamo a farci rispettare, magari minacciando il ritiro di tutte le missioni internazionali di pace che svolgiamo al fianco degli inglesi e dei loro alleati, oppure è meglio rassegnarci al ruolo di zerbino d’Europa. Come è noto, anche gli stuoini hanno la loro funzione. Almeno sapremo quale sarà la nostra. di Maurizio Belpietro