L'editoriale
Questa mattina alle 11 Mario Monti presenterà la sua squadra di governo. Lo farà al termine di uno stucchevole teatrino che ci ha trasmesso una sgradevole sensazione. Già l’avevamo avuta lunedì, quando invece dell’esecutivo d’emergenza che ci saremmo aspettati e che ci era stato promesso, il premier incaricato si è messo a consultare trentaquattro partiti. Secondo i piani, il professore prestato dalla Bocconi alle istituzioni avrebbe avuto il pregio di essere esterno alla politica e dunque di non doversi piegare ai riti peggiori che la nostra democrazia ha messo in scena per sessant’anni. Invece no, Monti, anziché procedere spedito nel suo compito, che ci era stato annunciato essere quello di tranquillizzare i mercati, si è attardato in un gioco finto, ascoltando chiunque, perfino i rappresentanti di partiti estinti da tempo, come ad esempio quello repubblicano o quelli mai nati come i lib-lab. Dato che l’emergenza era tale da aver spinto il capo dello Stato a saltare ogni prassi prevista in caso di crisi, nominando il premier prima delle rituali consultazioni, era poi proprio indispensabile perder tempo a sentire un avanzo della prima Repubblica come Giorgio La Malfa? Oltre alla passerella di partitelli e politici falliti, il neo premier ha voluto consultare pure i giovani e le donne. Perché il presidente del Consiglio ha voluto vedere i ragazzi e le signorine? I vecchi e i signori non gli sembrano degni d’attenzione? E i bambini? Ai bambini non concede neppure un breve colloquio? E i gay, ai gay niente? Un altro campanello d’allarme è squillato nella nostra testa quando abbiamo letto sul Corriere della Sera di un’intenzione attribuita al nuovo premier. Secondo il quotidiano di via Solferino, Monti, prima di affrontare la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro, vorrebbe aprire un tavolo di consultazione con le parti sociali. Cioè fare quello che tutti, o quasi tutti, i governi hanno fatto negli ultimi cinquant’anni. Con il risultato di non concludere nulla o, peggio, di farsi legare le mani. Sono proprio le liturgie dei tavoli sociali ad aver affossato le nostre finanze. Che senso ha convocare Susanna Camusso e chiederle se le fa piacere che i lavoratori vadano in pensione a 67 anni e possano essere licenziati senza complimenti? Si può pensare che i capponi saltino volentieri nella pentola che li deve cuocere? O che Confindustria dica sì con entusiasmo al taglio dei miliardi di agevolazioni che la grande impresa riceve ogni anno? Che ragione c’è di continuare con le vecchie abitudini quando proprio queste ci hanno portato dritti alla bancarotta? A forza di consultare le parti sociali, di non intervenire sulle pensioni, di mantenere posti finti per evitare scontri sociali, il Paese si è indebitato fino al collo e ora rischia di affogare. Per evitare che anneghi, non serve discutere, bisogna nuotare. Oppure Monti è così ingenuo da ritenere che con le parole scalfirà cinquant'anni di pratiche concertatorie, in cui sindacati e Confindustria facevano gli affari loro alle spalle delle altre categorie di lavoratori e imprenditori meno rappresentati? Crede davvero di poter ottenere il consenso di Camusso e compagni alle misure che l’Europa ci chiede? Se non lo pensa, non comprendiamo perché perda tempo, se al contrario ne è convinto c’è ragione di allarmarsi. Monti ci perdoni, ma non vorremmo che da quando si è calato nei panni dell’uomo di Stato voglia fare il piacione e conquistarsi simpatia e consensi. Non è per questo che è stato scelto. L’incarico che gli è stato affidato non è quello di essere simpatico, ma di servire il Paese facendo ciò che la politica non è stata in grado di fare, ovvero le misure impopolari chieste dall’Europa. È quanto i mercati vogliono, è ciò che gli italiani chiedono. Monti deve fare il tecnico, non il democristiano. Gli orfani della Balena bianca non ci mancano. Di quelli ne abbiamo da buttare. Uno in più non ci serve. di Maurizio Belpietro