L'editoriale

Andrea Tempestini

Una volta a cinquant’anni si andava in pensione, adesso c’è chi in pensione lo è da cinquant’anni. Eccezioni? No, la regola per migliaia di persone. Grazie a una legge sciagurata che permetteva di collocarsi a riposo dopo 14 anni, sei mesi e un giorno, c’è chi riceve il vitalizio da quasi mezzo secolo. Del resto non bisogna stupirsi: quanti (ma sarebbe meglio dire quante, dato che in maggior parte si tratta di signore) hanno lasciato il lavoro con la suddetta legge spesso superavano di poco i trent’anni. Dunque, con l’allungarsi dell’età media, è stato assai facile arrivare a ottant’anni in perfetta salute e con il sussidio dell’Inps. Ma se ci sono molti pensionati che incassano l’assegno da una vita o quasi, molti di più sono quelli che si candidano a farlo. Secondo un’inchiesta di Libero, i baby pensionati, cioè coloro i quali si sono ritirati dal lavoro prima dei 59 anni solitamente richiesti, sono un esercito di oltre mezzo milione: 535.752, per la precisione. Quasi sempre si tratta di ex dipendenti pubblici, che hanno goduto e godono della norma varata in pieno quadripartito. Nel 1973 a Palazzo Chigi c’era Rumor e a sostenerlo, oltre alla Dc, erano Psi, Psdi e repubblicani. Tutta gente che curava per bene il proprio elettorato e infatti concesse a impiegate e maestre di abbandonare ufficio e cattedra con meno della metà degli anni richiesti ai lavoratori del settore privato. Una volta resa un po’ più rigida la legge, gli statali hanno potuto ugualmente contare per anni su una pensione dopo 19 anni sei mesi e un giorno. Così, grazie allo scivolo pagato dallo Stato, si è arrivati a quota mezzo milione, per costi di quasi dieci miliardi di euro l’anno. Vi domandate come mai ci occupiamo di baby pensionati in un momento in cui i guai sono ben altri? Semplicemente perché ci siamo posti la seguente domanda: mentre si chiedono sacrifici a tutti per far quadrare i conti del Paese, si può ancora tollerare che qualcuno incassi pensioni per le quali non sono stati versati i contributi necessari a ripagarle? Quando ad agosto il governo varò la manovra, inserì un codicillo che imponeva una tassa sui redditi oltre i 90 mila euro. Certo, riguardava stipendi superiori alla media. Ma è pur vero che quella gente già paga il massimo delle tasse. È giusto dunque imporre un «contributo di solidarietà» a chi lavora e paga i conti col Fisco e non pretendere nulla da chi si è messo a riposo a trent’anni e oggi se la spassa? Il sindacato, che ormai rappresenta la parte più conservatrice e corporativa del Paese, replica:  ma così ce la si prende con i poveri. Il riferimento è dovuto al fatto che la baby pensioni sono magre, cioè non si tratta di decine di migliaia di euro  ma di cifre che in genere non arrivano a mille euro.  In realtà il vitalizio quasi sempre è una base, cui si aggiunge il reddito di un secondo lavoro, oppure è un introito cui si sommano quelli del resto della famiglia. Impiegate e insegnanti quando hanno lasciato il lavoro per fare le mamme sapevano cioè di poter contare su un reddito robusto del marito. Dunque, stando così le cose, un prelievo sulle baby pensioni non sarebbe grave e non affamerebbe nessuno. Ribatte la Cgil: ma in tal modo si ledono i diritti acquisiti. Secondo il sindacato rosso, ad essere inviolabili evidentemente  sono solo i diritti di chi incassa un assegno senza che questo sia coperto, mentre chi paga le tasse può al contrario veder violato il proprio reddito da un’imposta straordinaria. Per l’organizzazione guidata da Susanna Camusso, le imposte per ripianare il debito creato da leggi come quella che ha mandato in pensione giovani trentenni le deve versare chi già sborsa con regolarità, mentre i beneficiati  dalla follia sindacale degli anni Settanta e Ottanta devono essere risparmiati. Tutto ciò la dice lunga su come i partiti progressisti, che della Cgil sono la cinghia di trasmissione, risanerebbero i conti dello Stato se fossero al governo.  Terrebbero gli sprechi e bastonerebbero chi produce e guadagna. Si capisce a questo punto perché, nonostante la delusione per gli errori del governo, molti elettori di centrodestra continuino a tenersi stretto Berlusconi. Alla fin fine, meglio lui di  quelli che verrebbero dopo.