L'editoriale
Da domenica l’opposizione ha scoperto che il governo è commissariato. Berlusconi e Tremonti non avrebbero più le mani libere, ma sarebbero costretti a rispondere alla Banca centrale europea. A convincere Bersani che il premier sarebbe stato messo sotto tutela è la lettera che il governatore in carica Trichet e il suo prossimo successore Draghi hanno fatto recapitare a Palazzo Chigi e in cui si ricordano le riforme che l’Italia deve attuare. «Vogliamo la verità», pare abbia tuonato lo smacchiatore di leopardi ma non di Penati. «Che cosa davvero ci stanno chiedendo la Bce e le istituzioni internazionali? Un governo impotente, totalmente screditato e ormai commissariato dica almeno quale è la situazione reale». Il segretario del Pd ha ragione: c’è molto di cui preoccuparsi. Soprattutto se il capo della sinistra non ha ancora capito cosa ci domandano l’Europa e gli organismi che vigilano sul nostro indebitamento da record. A causa della crisi finanziaria, la Ue ci sollecita a fare quello di cui da anni si parla ma che nessuno ha avuto il coraggio di mettere in pratica: tagliare, ridurre le spese, metterci al passo con il resto del continente. Niente di nuovo dunque, visto che di questi argomenti si discute dall’epoca di Andreotti e soci, ossia una Repubblica fa. L’unica novità semmai è che ora Bruxelles ci manda a dire che non è più tempo di discussioni: bisogna agire. Ma vediamole queste misure per cui la Banca centrale ci pressa. La prima riguarda le liberalizzazioni. Il nostro è un mercato ingessato, dove ci sono troppe riserve protette e inefficienze. Secondo l’Europa è giunto il momento di abbattere gli steccati, lasciando briglia sciolta alla concorrenza e per far questo sollecita il governo ad agire in fretta, possibilmente per decreto. Liberalizzazioni e privatizzazioni sono belle cose, degne di un governo liberale. Peccato che un referendum voluto dall’Italia dei valori e appoggiato per convenienza dal Pd abbia appena stabilito che i servizi pubblici, in particolare quelli che riguardano l’acqua, devono restare in mano pubblica. Come si fa allora a vendere le municipalizzate secondo la richiesta di Trichet e Draghi? Chi lo dice a Di Pietro e compagni? Chi spiega agli italiani che la campagna referendaria è stata un bluff, uno strumento di propaganda contro Berlusconi, e che per il bene dell’Italia ora si deve fare marcia indietro? Ma andiamo avanti, perché nella lettera c’è altro. I governatori chiedono di modernizzare il mercato del lavoro. La Bce sollecita meno rigidità delle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato, interventi sul pubblico impiego, superamento del modello attuale imperniato sull’estrema flessibilità dei giovani e sulla totale protezione degli altri, una contrattazione aziendale che incentivi la produttività. In pratica per i guardiani dell’euro è ora di darci una mossa e abolire l’articolo 18, quello che vieta i licenziamenti e rende l’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore un matrimonio indissolubile, dove non è prevista per l’azienda alcuna possibilità di divorzio. La Banca centrale europea sostiene anche che è ora di mandare in soffitta la contrattazione unica nazionale per privilegiare quella locale, legata ai risultati conseguiti: se l’impresa va a gonfie vele, il lavoratore guadagna, altrimenti nisba. Nelle sollecitazioni comunitarie c’è pure un richiamo alle pensioni, che da noi sono ancora lontane dalla media europea. Non per quel che riguarda l’assegno, ma per quando lo si incassa. In Italia la media non arriva a sessant’anni, altrove si sono già superati i sessantacinque. Dice la Bce: vista l’aria che tira, meglio darci un taglio e spedire tutti a riposo più tardi, o quando si hanno quarant’anni di lavoro oppure al momento del compimento dell’età massima. In pratica, niente di diverso da quel che aveva deciso il primo governo Berlusconi nel 1994, ma che poi fu costretto a rimangiarsi a furor di popolo poco prima di cadere per mano dei pm, di Scalfaro e di Bossi. Ecco. Queste sono le misure urgenti che l’Europa chiede per tramite dei suoi rappresentanti bancari. A parer nostro si tratta di interventi condivisibili: chiunque abbia un po’ di buon senso sa che sono da fare e che rinviare non serve a nulla, se non a far lievitare il conto finale che i mercati ci presenteranno. Del resto, i governi guidati da Berlusconi negli ultimi tre lustri li hanno già varati, ma i sindacati, spalleggiati dalla sinistra, ne hanno sempre impedito l’attuazione. La riforma previdenziale è stata diluita nel tempo così da renderla inefficace per il bilancio dello Stato. La limitazione dell’articolo 18 provocò addirittura una specie di guerra civile. Le privatizzazioni dei servizi pubblici, come si è detto, sono state abrogate. Stando così la situazione, ad essere commissariati qui non sono Berlusconi o Tremonti, ma piuttosto Bersani e compagni. I quali, dopo essersi opposti a qualsiasi modernizzazione del Paese, forse ora saranno costretti a digerire l’amara medicina in quanto ordinata da Bruxelles. In tal caso, per la prima volta, applaudiremo l’Europa. Dopo anni di codici assurdi e di studi sulla curvatura delle banane, finalmente qualcosa di buono: il commissariamento del Pd, della Cgil e della banda del buco.