L'editoriale
Chiedo scusa ai lettori se oggi mi occupo di una vicenda che mi riguarda, ma vi sono costretto in quanto tirato per la giacchetta da Michele Santoro. Irritato dalla notizia del suo rinvio a giudizio per diffamazione, che Libero ha dato in esclusiva un paio di giorni fa, il telepredicatore di Raidue ha reagito cercando di gettar fango sul nostro giornale. Lo ha fatto spedendo una troupe a intervistare Emanuele Catino, l’imprenditore pugliese che nel dicembre scorso si presentò in redazione raccontandomi di un presunto attentato al presidente della Camera Gianfranco Fini. Sfortunatamente, non disponendo come Marco Travaglio né di intercettazioni né di amici pm che indaghino per me, non fui in grado di accertare se il soggetto in questione dicesse il vero o il falso, e nell’incertezza decisi di raccontare la denuncia ai lettori, preavvisandoli dell’impossibilità da parte mia di verificare la fonte e demandando il compito ai magistrati. Non lo avessi mai fatto. Secondo il santone di “Annozero” mi sarei fatto prendere per il naso da un burlone, il quale non aspettava altro se non giocarci un tiro mancino. Così fosse, Libero e io saremmo vittime di Catino e dunque, francamente, non si capisce che cosa ci venga rimproverato. A mettere a posto le cose, ovviamente, ci penseranno il tempo e la giustizia, la quale forse riuscirà a capire perché l’autore della presunta burla, una volta pubblicata la notizia, non si sia dichiarato, ma abbia fatto di tutto per nascondersi. E una volta identificato non si comprende come mai abbia fornito più versioni, lanciando successivamente velate minacce al sottoscritto, cosa di cui, come ovvio, ho puntualmente informato l’autorità giudiziaria. Chiarito ciò, non capisco di cosa dovrei essere colpevole secondo Gigi er bullo (copyright di Beniamino Placido, critico tv di Repubblica, dunque una garanzia). Di essere caduto in un tranello? Premesso che nell’articolo da me pubblicato più volte avvertii i lettori della possibilità che la testimonianza fosse quella di un mitomane, se fosse stato così facile liquidare la notizia come una burla, non si capisce come mai due Procure, quella di Milano e quella di Bari, abbiano indagato per un paio di mesi sulla vicenda. Se la ricostruzione era così strampalata da dovermi indurre subito a scartarla, perché i pm l’hanno presa per buona e hanno predisposto accertamenti, intercettazioni e interrogato più persone? Dopo settimane sono riusciti a stabilire che Catino si è inventato tutto? Meglio. Ma lo hanno potuto fare grazie a un potere d’indagine di cui io non dispongo. Posto che non potevo andare in giro per Andria a chiedere alla gente se avesse notizia di un attentato contro Fini, l’unica mia possibilità era accertare che il tizio non fosse palesemente da ricovero, come a volte succede tra chi si rivolge ai giornali, e che la sua identità, il suo lavoro e i suoi precedenti corrispondessero. Per il resto il suo racconto doveva poi essere sottoposto a un vaglio più attento del mio, soprattutto con altri mezzi rispetto ai miei. Cosa avrei dovuto fare? Tacere e ignorare la presunta soffiata? Mettiamo il caso che ci fosse l’un per cento di probabilità che i fatti fossero veri: una volta verificatisi, cosa avrebbe detto Santoro? Che mi ero tenuto per me una soffiata che avrebbe potuto impedire un episodio criminoso? Quali argomenti avrebbe usato per attaccarmi? Mi avrebbe dato del complice di criminali oppure mi avrebbe accusato di aver celato la notizia per antipatia nei confronti di Fini?Raccontando i fatti così come me li aveva narrati Catino, non ho diffamato né calunniato nessuno. Non il presidente della Camera né altri. Non ho dato voce a una Nadia Macrì che si inventò le accuse contro Berlusconi tanto da essere giudicata inattendibile perfino dai pm di Milano che pure verso il Cavaliere non nutrono particolare simpatia. Né ho fatto il megafono alle presunte rivelazioni di Massimo Ciancimino contro Dell’Utri, il Cavaliere e tutti gli altri che il figlio di don Vito ha tirato in ballo. Neppure ho aperto il microfono a Luigi De Magistris lasciandogli lanciare le sue improbabili accuse contro mezzo mondo. Ma soprattutto, non mi sono macchiato le mani e la coscienza, consentendo che qualcuno accusasse in diretta di rapporti con la mafia un carabiniere. Il quale, essendo innocente, pochi giorni dopo si suicidò. Per fare tutto ciò io non ho lo stomaco. Bisogna avere quello di Santoro. P.S.. Il nuovo direttore generale della Rai, che mi dicono essere in buoni rapporti con l’uomo che ha ridotto la tv pubblica alla preistoria dell’Annozero, ha nulla da dire sull’uso privato che questi fa di una televisione pagata da tutti gli italiani? Occupare un quarto d’ora della prima serata con i fatti propri, spedire una troupe a intervistare qualcuno per attaccare chi ti sta sui cosiddetti, è servizio pubblico? E avvisare il capo azienda che o tira diritto o saranno guai è consentito? Io credo di no. E penso che come me lo credano molti contribuenti. Già ora risulta che il mancato pagamento del canone sia aumentato. Di questo passo finirà che a pagarlo saranno Santoro e i compagni suoi. Così potranno dire in santa pace tutte le sacre balle che vogliono.