L'editoriale
Ci sono alcune cose che non sta bene fare in pubblico, pena essere giudicati reazionari, se non retrogradi o incivili: parlare male di Napolitano e prendersela con l’Unione europea sono tra queste. Il presidente della Repubblica è più intoccabile del Papa, il quale può essere messo tranquillamente sulla graticola ed essere perfino accusato di connivenza con i pedofili senza che nessuno si indigni. Al contrario il capo dello Stato non può essere oggetto della minima critica, né di uno sberleffo: chi lo fa (come capitò al sottoscritto) rischia una denuncia per vilipendio al supremo Colle. Con la Ue non scatta la denuncia, ma si finisce ugualmente per essere trattati da idioti e da passatisti. Provate a dubitare dell’euro oppure a dire che l’Europa è una truffa. Come minimo vi guarderanno con aria di compatimento, come quando ci si rivolge a chi non è molto intelligente. Se va peggio sarete trattati alla stregua di un vecchio reperto archeologico. Nell’uno e nell’altro caso le vostre parole avranno l’effetto di una bestemmia in chiesa e attorno a voi palperete con mano la riprovazione. Eh già, tutto si può criticare in questo Paese tranne che l’adesione all’Unione europea, ovvero l’iscrizione a un club di Stati che avrebbe dovuto far paura alle potenze mondiali e invece riesce solo a far solletico. Lo si è visto con la missione libica. Doveva essere una guerra lampo per liberare Tripoli dal dittatore e restituire al popolo del Nord Africa la propria libertà. Invece, grazie alla guida Sarko-Cameron si è riusciti solo a impantanarsi in un conflitto di cui si capisce poco e si conosce quasi nulla. Stessa storia con gli immigrati, una delle poche emergenze politiche che il Vecchio continente si trova ad affrontare se non si contano quelle finanziarie. Bene: invece di adottare una linea comune, concordata in un vertice tra i ministeri degli Esteri e quelli degli Interni, l’Europa procede a tentoni, ma soprattutto in ordine sparso: ognuno per la propria strada secondo i propri interessi. Ai tempi delle guerre jugoslave si disse che la Ue era un gigante finanziario, un nano politico e un verme militare perché non mosse un dito mentre Slobodan Milosevic faceva il macellaio, preoccupandosi esclusivamente degli investimenti che si sarebbero potuti fare una volta che il satellite dell’Urss fosse stato liberato dal comunismo. Oggi purtroppo bisogna constatare che l’Unione è un’anziana signora: non è più un gigante finanziario, continua a essere un nano politico, ma in compenso ha velleità belliche e dunque mostra i muscoli ovunque possa fare bella figura senza troppo sforzo. Come ho detto in premessa, so bene che a criticare l’Europa si finisce dietro la lavagna. Ma che la Ue così com’è non funzioni è ormai un dato di fatto, anche se si preferisce non dirlo. La pensa così la maggior parte degli italiani, i quali non sono nazionalisti o ottusi, ma semplicemente ragionano con la propria testa mettendo a frutto quel po’ di buon senso che l’esperienza ha dato loro. Secondo Swg, una società di sondaggi cara alla sinistra, il 62 per cento vuole che il nostro Paese abbandoni la comunità, mentre per il 41 % l’Unione ha gestito l’emergenza profughi peggio di quanto abbia fatto il governo. Se i dati sono raccolti da Renato Mannheimer, l’esperto di Vespa e del Corriere, va anche peggio: per il 72 % la Ue ha fatto male a respingere la richiesta di Maroni sui permessi di soggiorno, tanto che in pochi mesi la fiducia nei confronti di Bruxelles è precipitata dal 60 al 42 %. Ma a dubitare non sono i soli italiani. In tutti i Paesi del Nord i partiti nazionalisti che si oppongono agli euroburocrati e alle loro politiche fanno incetta di voti. L’ultimo fra questi è quello dei Veri Finlandesi, che domenica ha sfiorato il 20% dei consensi. Dall’Olanda alla Francia, dalla Svezia all’Austria, la questione centrale è la diffidenza nei confronti di Bruxelles, in particolare sul tema dell’immigrazione. Quando scoppiarono le varie bolle speculative, in molti ritennero che la fragile Europa rischiasse di infrangersi sulle questioni finanziarie e le politiche di rientro del debito. In realtà, nonostante le crisi ancora non siano del tutto risolte, il continente delle banche è riuscito a limitare i danni, uscendo praticamente indenne dal più pericoloso dei crac. Ma è contro l’incapacità di gestire le politiche migratorie che rischia di schiantarsi e andare in mille pezzi. Se le principali nazioni come Italia, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna continueranno a farsi gli affari loro senza trovare una linea comune, i movimenti nazionalisti cresceranno ancor di più, fino a diventare maggioranza e a guidare i governi. E allora, che ne sarà dell’idea di un’Europa sola? Ve lo dico io: finirà in cantina. E la colpa sarà solo di quelli che danno dell’ottuso a chiunque dica che avanti così questa Unione andrà soltanto a farsi friggere.