L'editoriale
Chi ha paura di Luca Cordero di Montezemolo? A giudicare dalle reazioni suscitate da ogni suo sospiro, politici e giornalisti di varia estrazione devono essere terrorizzati che il presidente della Ferrari, dopo aver occupato le più prestigiose poltrone private (Fiat, Confindustria eccetera), punti a uno scranno del governo. Non se ne comprende il motivo. Nella cosiddetta casta c’è di tutto, un vero e proprio zoo: gente che cambia bandiera a legislatura in corso per due cocomeri, che tradisce ma si offende se glielo fai notare, che tira a campare, che non ha mai lavorato né mai lavorerà perché senza mestiere, che probabilmente si è prostituita per un posto e relativa indennità. Il Palazzo è consapevole di essere frequentato male tant’è che un giorno sì e l’altro pure discute sull’opportunità di aprirsi a personaggi della società civile per riceverne energie fresche allo scopo di risolvere i mille problemi nazionali. Questo a parole. Nei fatti però, ogniqualvolta, un uomo - per esempio Montezemolo - osa dire anche a mezza voce di essere tentato dalla politica, viene respinto come un intruso. Evidentemente quello dei deputati e dei senatori è un club riservato agli iniziati, autoreferenziale, in cui si entra per cooptazione o non si entra affatto, a dimostrazione che non è un luogo democratico accessibile a chiunque abbia un’idea, bensì una setta dove può fare carriera solo chi sta al gioco (di solito sporco). Se non fosse così non si spiegherebbe, in particolare, l’ultima polemica seguita ad una frase scherzosa di Montezemolo: «Davanti a questo spettacolo viene voglia di darsi da fare in politica». Una bestemmia avrebbe provocato meno clamore. Pier Ferdinando Casini, che fino ad alcuni mesi fa aveva dato l’impressione di gradire una eventuale collaborazione dell’ex presidente di Confindustria, si è inalberato, abbandonandosi a commenti irritati quasi si sentisse minacciato nel suo ruolo di leaderino centrista. Altri esponenti di partito, sia di destra sia di sinistra, si sono accodati al democristiano rivolgendo all’imprenditore le critiche più disparate. E molti editorialisti hanno fatto lo stesso. Montezemolo deve stare zitto, Montezemolo non ha una organizzazione politica: o se la crea oppure continui ad occuparsi di pistoni. Montezemolo cominci a dire da che parte sta, poi faccia un periodo di gavetta e si vedrà. Montezemolo si illude di contare, ma non ha i voti e resterà al palo. Montezemolo di qua, Montezemolo di là. Un processo alle intenzioni. In realtà, se si esamina il discorsino del ferrarista, bisogna convenire che è il medesimo ripetuto da chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le grane del nostro Paese, ed è condiviso dal 50 per cento degli italiani. Prendiamo la spesa pubblica (causa principale del debito). Come si fa a non essere d’accordo con l’Avvocato quando afferma: tutti dicono di volerla tagliare, ma nessuno si azzarda a por mano alle cesoie. Abolire le Province era un imperativo, ma le Province non sono state toccate. Adeguare l’età pensionabile alla media europea era una necessità impellente, campa cavallo: la riforma andrà a regime tra quarant’anni. Ridurre drasticamente l’imponente apparato burocratico era nel programma di governo, e non si è combinato niente. Cancellare gli enti inutili (una quarantina) era un impegno del centrodestra, risultato: nulla di fatto. Se queste sono le osservazioni di Montezemolo dov’è lo scandalo? Chi non le farebbe proprie? Tutto ciò comunque non basta a far pensare che il signor Cavallino Rosso si sia candidato a giocare la partita elettorale. Anche perché la partita non è ancora in calendario né lo sarà finché Berlusconi avrà - come ha - una maggioranza. Che gli consente di governare o almeno di galleggiare tra uno scoglio giudiziario e l’altro, tra una guerra e un’ondata migratoria. La sola verità inconfutabile è l’incapacità della opposizione di nuotare in acque limpide.