L'editoriale
D’accordo. Dirlo è politicamente scorretto. Comporta il rischio di essere tacciati di razzismo, leghismo, egoismo e crudeltà. Ma alla fine anche le anime belle debbono riconoscere che della guerra non importa nulla a nessuno, e che qualcuno a denti stretti comincia a fare il tifo per Gheddafi, di cui rimpiange la capacità di mantenere l’ordine nel Mediterraneo, almeno la parte che interessa noi italiani lasciati soli a combattere le invasioni barbariche. Si abbia il coraggio di confessare che il problema vero è la porcata dell’immigrazione selvaggia, aumentata in misura insostenibile da quando la coalizione – benedetta dall’Onu e maledetta da noi - ha aperto il fuoco sulla Libia, autorizzando il dittatore a stracciare e a gettarci in faccia il famoso trattato grazie al quale, in cambio di denaro e non solo, le carrette galleggianti e stracolme di disperati non osavano salpare dalle sponde nordafricane per attraccare a Lampedusa. Dall’infausto giorno in cui sono iniziati i bombardamenti umanitari (si fa per dire) sulla Tripolitania e sulla Cirenaica, la povera Italia è stata obbligata a pagare dazio. E che dazio. Deve accogliere migliaia e migliaia di extracomunitari, soprattutto tunisini, sbandati d’ogni risma, anche la peggiore: criminali, banditi, gente pronta a tutto per conquistarsi il diritto di vivere alle nostre spalle, larghe ma fiaccate dal peso della solitudine. Già. Solitudine. Perché l’Europa Unita, di cui siamo stati incauti fondatori nel dopoguerra, non ci dà una mano neanche a pregarla in ginocchio. Anzi, ci guarda mentre ci affanniamo per sfamare le orde di stranieri imbufaliti e sembra divertirsi a constatare che non abbiamo mezzi per cavarcela. Se ne frega del fatto che la Sicilia, oltre a segnare il confine con il Nordafrica, segna anche quello meridionale del Vecchio Continente, per cui se i tunisini arrivano sulla Penisola non sarebbero soltanto cavoli nostri ma di tutta la Ue. La Comunità europea è una comunità quando le fa comodo. Se invece c’è da affrontare una emergenza internazionale, come in questo caso, fa spallucce e invita gli Stati partner ad arrangiarsi. Non ha un governo centrale degno di questo nome, né una politica condivisa, né un esercito; ha solamente un gigantesco apparato burocratico che succhia soldi, tutela l’euro a favore dei forti e a scapito dei deboli, si preoccupa delle quote latte, delle mozzarelle e delle dimensioni delle zucchine, ma se ne infischia dell’unico autentico dramma di quest’epoca: l’emigrazione che colpisce l’Italia e minaccia o minaccerà di soffocare - prima o poi - l’Europa intera. Francia e Inghilterra si accaniscono sulla Libia, puntano a defenestrare Gheddafi col pretesto idiota di soccorrere i ribelli, spacciano l’intervento militare per un’opera buona, umanitaria, ma se ne strafottono delle conseguenze e scaricano su di noi l’onere insostenibile di accogliere profughi e clandestini e di trattenerli, perché loro non vogliono neanche vederli: gli fanno schifo. La Francia li respinge, salvo giurare di ospitarne una quota. L’Inghilterra tace. La Spagna ha dimostrato la sua gentilezza d’animo alcuni anni orsono, sparando su chi tentava di approdare sulle proprie coste. I soli fessi costretti – chissà perché poi - a spalancare le porte a chiunque bussi siamo noi. Non bastasse l’atteggiamento insensato dell’Ue, della Nato e dell’Onu, a complicare le cose italiane ci sono i nostri politici della maggioranza e dell’opposizione. Fanno a gara per incrementare il casino anziché impegnarsi per trovare un accomodamento. Alla sinistra non pare vero di poter accusare il governo di inettitudine, e gode di ogni disguido e pasticcio dei quali esso si rende responsabile, illudendosi di avvantaggiarsene elettoralmente; il centrodestra dà l’impressione di essere in stato confusionale e di dibattersi sconclusionatamente in un vicolo cieco. Risultato: ogni giorno che passa la situazione è sempre più grave. Lampedusa è stata stritolata. Silvio Berlusconi se n’è reso conto e ha tentato di quietare gli abitanti comprando una casa sull’isola in segno di solidarietà, e non ha pensato che il gesto sarebbe stato scambiato per una spacconata. Oggi tutti lo prendono in giro. Molti lo rimproverano di non essere all’altezza delle promesse fatte. Gli extracomunitari sono stati caricati su navi, tanto per portarli via da Lampedusa, e scaricati qua e là, dove capitava, senza criterio, e gran parte di essi sono immediatamente “evasi”. Vagano. Che meta hanno? Parecchi si sono recati in località di mare e gli operatori turistici sono furibondi, perché temono che i vacanzieri, disgustati, annullino le prenotazioni estive. In parole povere. A tutti fanno pena i poveracci venuti qui per vincere la miseria, ma non ce n’è uno pronto ad ospitarli. Ciascuno ha buoni motivi per pretendere di non averli fra i piedi. Anche i buonisti predicatori dell’integrazione a qualsiasi costo sono riluttanti: sinché si parla in teoria di donare un tetto e un lavoro allo straniero bisognoso, sono inclini a manifestare buoni propositi e nobilissimi sentimenti; ma quando si tratta di scendere sul terreno della pratica, e di accettare un minimo di promiscuità con lo straniero, si inalberano e urlano: provveda il governo! I migranti sono simpatici se te li becchi tu; se toccano a me, mi ribello. Questo a livello individuale. A livello pubblico, idem. Non c’è Regione disposta a sacrificarsi. O meglio. I governatori giurano di essere animati da buona volontà e assicurano: ci daremo da fare. Di fatto sono inerti, accampano scuse, dicono di essere privi di strutture idonee. D’altronde, senza il consenso e la collaborazione degli enti locali non c’è verso di sistemare neanche cento tunisini. Abbiamo voluto le autonomie? Eccone l’effetto. Lo Stato ha perso poteri e non può decidere di imperio. Maroni fa la figura del micco, Berlusconi pure. Intanto il problema imputridisce. Se poi si pensa che stiamo impazzendo per ventimila clandestini piombati qui in un mese, cosa succederà fra tre o quattro mesi quando gli arrivi dall’Africa si saranno moltiplicati per dieci o per cinquanta, come è probabile? Attenzione, perché qui finisce male. Si calcoli che immettere nel tessuto sociale migliaia di uomini che non hanno lavoro, né soldi, né alloggio equivale ad allevare un contingente di delinquenti. Immaginate le reazioni. Come arginare il fenomeno? Le imbarcazioni con carico umano non si possono fermare né rispedire al mittente: sarebbe omissione di soccorso. E l’Europa ci condannerebbe. Gheddafi non argina più le partenze perché gli facciamo la guerra. Gli altri Paesi della Ue se ne sbattono. Non è il caso di alzare la voce? Non è il caso di chiudere le basi militari in attesa di negoziare la nostra salvezza? Non è il caso di piantarla di usare le buone maniere coi cafoni? Per ogni immigrato che fai accomodare in Italia, altri cento si accingono ad entrare. E provare a dire basta?