L'editoriale

Giulio Bucchi

Caro Renato, vorrei avere il tuo entusiasmo e il tuo ottimismo. Ma pur gioendo con te per il successo riportato ieri da Berlusconi alla Camera e per la conseguente sconfitta di un’opposizione ormai prona al volere delle Procure, non posso non notare che insieme alle buone notizie, altre meno confortanti si stagliano all’orizzonte. Come interpretare la bocciatura del federalismo municipale avvenuta anch’essa ieri? Non è la dimostrazione più chiara che dopo l’uscita dei finiani, governare è praticamente impossibile e che la sinistra più il presidente della Camera se vogliono possono bloccare ogni cosa? Tu parli di riforme e della necessità di farle ora, senza frapporre campagne elettorali che le rimanderebbero di mesi e forse di anni. Ma vedi, se il Cavaliere avesse i numeri per far passare in fretta una serie di provvedimenti, tra i quali la reintroduzione dell’articolo 68 a tutela di chi esercita il mandato parlamentare, io sarei tra i primi a invitare il centrodestra a resistere e a non farsi piegare né dai traditori passati con l’opposizione né dai pm. Ma purtroppo non è così. Parli di riforma della giustizia, di riduzione delle tasse, di misure a favore dell’economia. Belle cose. Ma io temo che nessuna di questa sia possibile, per la semplice ragione che non ci sono i numeri per farle approvare. Mi spiego. È ovvio che quando c’è un passaggio cruciale tutti quanti i parlamentari vengono precettati e grazie al lavoro di convincimento esercitato anche su alcuni esponenti del centrosinistra si può ottenere un risultato positivo. Così è stato il 14 dicembre con il voto a favore del Governo, così si è ripetuto il giorno della sfiducia al ministro Bondi e così è accaduto pure ieri con il respingimento della richiesta della Procura di Milano. Ma quando si tratta di cose ordinarie che non prevedono la mobilitazione, la maggioranza boccheggia e rischia di andar sotto. Non solo. Tu, essendo deputato, sai bene che in Parlamento molto lavoro lo fanno le commissioni, cioè gruppi ristretti di  onorevoli che sgrossano i provvedimenti prima che questi arrivino in aula. Ma dopo che i finiani hanno voltato gabbana e sono passati con la sinistra sai anche che in molte di quelle commissioni il centrodestra non ha più la maggioranza, prova ne sia che anche ieri non è riuscito a far approvare il federalismo.  In pratica PdL e Lega in quelle sedi se vogliono far passare qualcosa devono chiedere per favore e elemosinare l’aiuto di qualche esponente dell’opposizione, altrimenti nisba, non c’è verso di ottenere il via libera. Si può governare in queste condizioni? Purtroppo temo di no. Ripeto. Vorrei sbagliarmi. Anzi, vorrei avere la tua fiducia e credere che le cose si metteranno al meglio, ma penso che così non sarà, anche perché tutto quanto avevo previsto nell’ultimo anno si è puntualmente verificato. A volte con qualche ritardo, ma è accaduto, a cominciare dal tradimento di Fini per concludere con la nuova offensiva giudiziaria. Vedi caro Renato, io non sono particolarmente attaccato all’idea delle elezioni. So benissimo che ogni adunata ai seggi comporta un costo e pure la paralisi del Paese in un momento in cui l’economia ha bisogno di tutto tranne che di paralisi. Ma il voto io lo intravedo come ultima ratio, come soluzione estrema per spazzar via chiunque impedisca di realizzare il programma concordato con gli elettori. Naturalmente, hai ragione tu, quando dici che i nemici più pericolosi non siedono in Parlamento bensì fuori. Ma per battere quelli che stanno all’esterno bisogna prima evitare che chi sta all’interno ti pugnali alle spalle. Dunque, meglio le elezioni se servono a restituire al governo la maggioranza solida che gli consegnarono gli italiani: con i numeri (e senza Fini che fa gli sgambetti  sullo scranno più alto di Montecitorio) si potrebbe fare subito la riforma dell’articolo 68, cioè ripristinare l’immunità parlamentare. Quella sarebbe la soluzione finale del conflitto con le procure. Non ci sarebbero più Ruby né Boccassini a tener impegnato il Governo in battaglie di retroguardia e l’esecutivo potrebbe procedere spedito. Berlusconi avrebbe modo di fare rapidamente ciò che ha promesso: il federalismo, la riforma delle tasse e tutto quanto finora non gli è riuscito di realizzare. Renato, qui non è in discussione il Cavaliere, il quale come ho detto e scritto resta l’unica vera e più moderna novità della politica italiana. Qui si discute se la strategia adottata dal centrodestra sia la migliore per impedire che le Procure compiano la loro opera di distruzione della maggioranza. Io penso che si debba gettare il cuore oltre l’ostacolo. Mettere da parte le titubanze e sfidare il nemico in campo aperto. Che poi non è molto aperto, visto che i seggi sono meno larghi di un gabbiotto. Ma quando è lì dentro la gente non bada a tutte le stupidaggini che ha sentito in tv o che ha letto su Repubblica. Lì dentro, in solitudine, fa funzionare il cervello. E qualche volta anche il cuore.