L'editoriale
Qualche tempo fa mi capitò di dover spiegare ai magistrati di Milano come si comunica. Si trattò di un corso di formazione organizzato dal Csm per aiutare le toghe a migliorare i rapporti con stampa e tv. Di quel che dissi mi ricordo niente, di certo furono parole inutili perché i giudici del capoluogo lombardo non hanno bisogno di chi gli spieghi come funzionano i media: ne sanno più della maggior parte dei cronisti. Il loro master l’hanno svolto con profitto negli anni Novanta, all’epoca di Mani pulite, e adesso conoscono cosa fa notizia e i sistemi per diffonderla. Soprattutto sanno come usare i giornali e i programmi televisivi , sicché maneggiano gli uni e gli altri con maestria allo scopo di dare alle proprie inchieste la maggior eco possibile. Vi fossero dubbi, l’indagine a carico di Silvio Berlusconi per concussione e induzione della prostituzione minorile lo dimostra. Già avevo segnalato il breve lasso di tempo intercorso tra la richiesta di perquisire l’ufficio milanese del premier e l’invio della domanda di autorizzazione a procedere alla giunta della Camera. Poche ore, neanche il tempo di stampare le circa 400 pagine, mica di scriverle. Se avessero voluto, i pm se la sarebbero potuta cavare con alcune paginette di riassunto, ma probabilmente si sono resi conto che non avrebbero avuto la stessa presa sull’opinione pubblica. Così hanno scelto la via più faticosa, ma di sicuro effetto. Già, perché anche chi non si intende di cose di giornali sa che inviare carte scottanti in Parlamento è come inviarle all’Ansa: prima di sera ne sono in possesso tutte le redazioni. Della commissione fanno parte una ventina di deputati di diverse fazioni e se anche quelli di Berlusconi si cucissero la bocca, ci penserebbero gli altri a cantare. Risultato: nonostante il divieto di far fotocopie, i giornali hanno potuto attingere a piene mani nei faldoni, tanto che noi di Libero abbiamo scelto di pubblicare tutto, senza tagli o censure preventive, in modo che i lettori si facessero da soli un’opinione sulle accuse. La Procura, della quale come ho detto ammiro la capacità di sfruttare a proprio vantaggio i media, stavolta si è però superata. Capito che le 389 pagine inviate la scorsa settimana ancora non bastavano a sputtanare il presidente del Consiglio, ha deciso di metterci il carico, spedendo a Roma un’aggiunta di 227 documenti. Come in un serial tv non si sono sparati tutto al primo colpo, ma si sono serbati una parte per la seconda puntata. Immaginiamo che tra le carte ci siano nuove intercettazioni e altre spiate dal buco della serratura, così da rendere più avvincente il romanzo rosa - pardon, a luci rosse - ambientato ad Arcore. Ovviamente i magistrati dicono che è roba nuova, emersa negli ultimi giorni, ma vista la mole si fatica a credere che in cinque giorni, weekend compreso, sia stata accumulata una tale massa di documenti. Più probabile invece che questo faccia parte di puntate già scritte e già pronte all’uso, la cui pubblicazione avverrà - sempre tramite il Parlamento - nelle prossime settimane, così da creare l’effetto suspense come nei film o nei thriller. In Italia abbiamo visto ogni genere di cosa e non ci sono mancate sorprese: il serial giudiziario però non era mai stato messo in scena. Onore dunque ai pm di Milano per questa importante innovazione nelle inchieste e soprattutto complimenti per l’abilità con cui sono riusciti a diffondere le notizie nel pieno rispetto del segreto istruttorio. Altro che la laurea honoris causa in giurisprudenza che ha dedicato loro Roberto Saviano: qui ci vorrebbe un premio in pubbliche relazioni. Per Ilda Boccassini e i suoi colleghi un bel diploma in giornalismo e comunicazione sarebbe perfetto. Anzi, non me ne voglia Luigi Contu, il collega che dirige l’Ansa, ma io gli darei la direzione della più importante agenzia di stampa. Così, oltre ai processi fanno direttamente le cronache.