L'editoriale
L’ultima trovata dei politici che non vogliono cambiare niente, ma impedire che questo Paese dia un taglio agli sprechi e dunque anche a loro, si chiama federalismo solidale: un ossimoro che nasconde le vere intenzioni. Infatti il federalismo dovrebbe voler dire che ogni Regione fa da sé, ma poi lo si annacqua con l’aggettivo solidale, lasciando intendere che ognuna provvederà poi ad aiutare quelle che non ce la fanno. Risultato, nonostante tutte le aspettative e le speranze di Bossi e dei suoi fedeli, c’è il rischio che ogni cosa finisca a tarallucci e vino e le norme in discussione in Parlamento servano a far continuare tutto come prima. O quasi. Del resto, altrimenti non si capirebbe l’arrendevolezza di certi amministratori del Mezzogiorno, noti più per aver svuotato le casse pubbliche che per aver fatto funzionare le cose. Come mai, mi sono chiesto, questi volponi non strillano, non organizzano rivolte di piazza, ma stanno buoni? La risposta mi pare evidente. Del resto c’è da capirli. Chi mai rinuncerebbe alla cuccagna di cui hanno goduto in tutti questi anni? Soldi a go-go con ripianamento dei conti a pie’ di lista. Basta guardare l’inchiesta che apre queste pagine, frutto del lavoro di due giovani cronisti che hanno scandagliato le spese pazze della Sicilia. Nell’isola la Regione ha più pensionati che dipendenti e ogni anno la spesa aumenta, con burocrati che vengono mandati in quiescenza con vitalizi che superano in abbondanza ogni vincita alla lotteria: 1400 euro al giorno. Mentre alcuni anziani che pure hanno versato i contributi faticano ad arrivare a mille euro il mese, l’ex dipendente dell’amministrazione pubblica ne incassa di più in ventiquattr’ore. Altro che morti di fame: con gli sprechi c’è chi vive da nababbo e può continuare a mantenere il proprio tenore di vita anche quando è collocato a riposo. Tutto ciò difficilmente il federalismo riuscirà a estirparlo, anche se ormai è considerato la soluzione di tutti i mali, anche di quelli climatici. Come si fa a metter mano alle follie di una Regione che ha carta bianca nello spendere grazie allo statuto speciale e può assumere in un anno 8 mila precari, mentre tutte le altre amministrazioni sono costrette a tirare la cinghia? È evidente che c’è qualcosa che non va e non vorremmo scoprirlo troppo tardi. Il federalismo dovrebbe mettere gradualmente tutti sullo stesso piano, ma come si fa se alcune regioni continueranno a godere di privilegi particolari, soprattutto nelle decisioni di spesa? Quando tanti anni fa si garantì lo statuto speciale ad alcune realtà i tempi erano diversi e c’era la necessità di tutelarne l’autonomia, anche finanziaria, pur di tenere insieme la Repubblica. Ma oggi, se ogni Regione fa da sé e può amministrarsi in maniera indipendente, che bisogno c’è di tenere in piedi un’impalcatura dai costi esagerati? A maggior ragione se, al contrario di quel che avviene in Trentino Alto Adige, ciò serve ad alimentare una quantità di sprechi e inefficienza. Ovviamente so che è più facile rifare l’Italia che toccare l’autonomia siciliana (anche perché bisognerebbe mettere mano alla Costituzione), ma prima o poi bisognerà cominciare. Evitando possibilmente di illudere troppo gli elettori.