L'editoriale

Giulio Bucchi

DI FRANCO BECHIS - Gianfranco Fini è l’uomo politico in attività che è costato più di tutti agli italiani. Da quando si è dato alla politica ha ricevuto dai contribuenti fra stipendio base e varie indennità 9.354.832 euro. Una cifra che gli consente di battere tutti gli altri stipendiati dal popolo italiano. Batte di un soffio Giorgio La Malfa, che in politica è entrato ben prima di lui, ma ha avuto qualche breve interruzione per le disavventure di Tangentopoli e soprattutto non ha potuto contare su altrettanti incarichi di cui Fini ha goduto. Terzo posto per un altro decano della politica, come l’ex repubblichino Mirko Tremaglia: anche lui batte Fini per numero di legislature consecutive, ma non per incarichi e doppi incarichi (ad esempio parlamentare italiano ed europeo in contemporanea). Quarto posto per Mario Tassone, attuale deputato dell’Udc. Quinto per Clemente Mastella, che oggi è europarlamentare recuperato alla politica da Silvio Berlusconi. Tutti i primi cinque sono costati agli italiani più di 9 milioni di euro di mantenimento. Appena sotto quella soglia c’è al sesto posto Pier Ferdinando Casini, con 8,5 milioni di euro di stipendio pubblico fin qui ricevuto. E se scendiamo al nono posto si trova Francesco Rutelli, leader dell’Api con 6,8 milioni di euro a lui pagati dai contribuenti. Fini, La Malfa, Tremaglia, Tassone, Casini e Rutelli: ai primi dieci posti della classifica degli uomini politici costati di più agli italiani si trovano ben sei protagonisti (tutti i leader) del Terzo Polo. Visto che gli stipendi così alti indicano soprattutto l’anzianità del curriculum degli uomini politici, quella somma di buste paga è anche un termometro per capire la politica. Quello schieramento ultimo nato,il terzo Polo che vorrebbe trasformarsi in partito della Nazione, raccoglie quanto più di anziano c’è nella storia della politica. Vogliono essere i protagonisti del rinnovamento sei fra i dieci uomini politici di più lungo corso, e non è che gli altri aderenti sianodi primissimo pelo. Fra i primi venti della classifica ce ne sono altri due del Terzo Polo: il senatore Francesco Pontone (Fli) che fin qui ha racimolato 6,4 milioni di euro e l’onorevole Teresio Delfino, ex dc ora Udc con 5,6 milioni di euro incassati dagli italiani. Anche il centro destra naturalmente ha politici che spesso affondano le radici nella prima Repubblica o quanto meno sono in servizio effettivo dal 1994. Oltre a Mastella che dallo schieramento è andato e tornato un po’ di volte, all’undicesimo posto si trova Filippo Berselli, ex An, che sorpassa di una incollatura uno dei leader storici della sinistra, Massimo D’Alema (13°posto) e la radicale Emma Bonino (14° posto). Fra i primi venti c’è anche Umberto Bossi, che deve il suo nomignolo di Senatur alla prima esperienza politica in piena Prima Repubblica: quella a palazzo Madama nel lontano 1987. Alle spalle di Bossi c’è subito Walter Veltroni, che in Parlamentoè entrato lo stessoanno, ma senatore non è mai stato. Al 25° posto c’è anche l’attuale presidente del Consiglio in carica, Silvio Berlusconi, che è parlamentare dal 1994 e per un breve periodo ha anche cumulato la carica di europarlamentare (fino al 2001). Per capire come è stata compilata la classifica, ecco qualche cifra. Ogni deputato costa agli italiani 254.937 euro lordi all’anno (indennità parlamentare lorda e rimborsi a forfait versati nelle sue mani). Ogni senatore costa un poco di più: 270.875 euro lordi all’anno. In realtà ogni eletto verrebbe a costare molto di più, perché andrebbe diviso per il numero dei deputati e dei senatori la spesa complessiva per mantenere il Palazzo. Ma per non fare confusione abbiamo considerato solo i soldi erogati direttamente, comprensivi di trattenute fiscali e contributive (serviranno poi a pagare loro l’indennità di fine rapporto e il famoso vitalizio una volta maturato il diritto). Ai due stipendi base (che sono cambiati negli anni e dal primo gennaio sono stati ridotti di 12 mila euro sia per deputati che per senatori) sono stati aggiunti quelli da europarlamentare, quello da sindaco, da presidente di Regione o di provincia e da consigliere comunale, provinciale e regionale a seconda degli incarichi ricoperti. In più sono state aggiunte tutte le indennità previste per la cariche eventualmente ricoperte, in Parlamento, al governo nazionale o nel governo degli enti locali (da assessore a ministro, da presidente dell’Aula a presidente di commissione). Così si è ottenuto lo stipendio complessivamente pagato dagli italiani. Sono stati esclusi dalla classifica i senatori a vita, perché la decisione sul loro mantenimento non dipende più dai contribuenti italiani, che non hanno a disposizione la scelta. Con questo si spiega la classifica: c’è chi ha più legislature alle spalle, ma meno doppi incarichi e meno indennità di carica di altri. Fini, che è il campione assoluto dei mantenuti di Stato, è in Parlamento ininterrottamente dal 1983, come Casini. Entrambi hanno goduto della indennità da presidente della Camera. Casini fra il 2001 e il 2006, Fini dal 2008, quando è iniziata la legislatura corrente. Casini però non è mai stato al governo, mentre Fini è stato vicepresidente del Consiglio fra il 2001 e il 2006 e ministro degli Esteri fra il 2004 e il 2006 incassando le relative indennità di carica. Entrambi sono stati insieme deputatiedeurodeputatifra il1994eil 2001. Fini però aveva già accumulato gli incarichi a Roma e Strasburgo anche fra il 1989 eil 1992,quandopoi lasciò l’euroseggio a Pietro Mitolo. Nonostante due carriere quasi parallele è per questo motivo che Fini è davanti a Casini di qualche incollatura nella classifica dei mantenuti dagli italiani. Per altro gran parte del costo della carriera dell’attuale presidente della Camera è stato in qualche modo una libera scelta degli italiani, che lo avevano votato anche nel caso dei doppi incarichi. Questo non è avvenuto invece per l’ultimo milione e mezzo ricevuto da Fini fra il 2006 ed oggi. La legge elettorale non consente più la scelta diretta, e quell’emolumento è solo più un grazioso regalo proveniente dagli accordi di palazzo.