L'editoriale
Se avesse un briciolo di dignità, Gianfranco Fini non starebbe un minuto di più sulla poltrona di presidente della Camera. Se avesse davvero il senso dello Stato, tirerebbe la logica conseguenza di una sconfitta bruciante e inattesa. Se avesse la statura del leader, si renderebbe conto di aver trascinato l’istituzione che rappresenta in una lotta politica. Ma Gianfranco Fini non ha nulla di tutto ciò. Ha soltanto una smodata ambizione e dunque non si dimetterà. Resterà al suo posto, ancor più arrogante e sempre meno capace di dominare i suoi rancori. A Berlusconi tenderà altre trappole, farà altri sgambetti e per metterli in atto si sposterà ancor più a sinistra. Ma qualsiasi cosa faccia, la sua stella è offuscata per sempre. Chi potrà fidarsi di lui? Non certo il centrodestra, che a prescindere dal Cavaliere ha toccato con mano l’inaffidabilità e il cinismo dell’uomo. Non l’Udc di Casini, che ha visto all’opera mister tentenna, ovvero un capo che nell’ora più difficile non sa che direzione prendere. Non la sinistra, che si è affidata a lui pensando fosse la persona giusta per eliminare il Cavaliere e invece ha perso. Come dice da sempre il presidente del Consiglio: Fini è un buon tattico, ma un pessimo stratega. Può azzeccare una mossa, ma perde sempre la guerra. In questa occasione ne ha dato prova, non riuscendo a essere neppure un buon congiurato. Con lui alla guida dell’opposizione, questa non andrebbe da nessuna parte, se non nel fosso. Dunque c’è da aspettarsi che nei prossimi mesi il suo peso si affievolisca e in capo a qualche anno il presidente della Camera faccia la fine di Marco Follini, ovvero sparisca. Ciò detto, lasciamo stare i perdenti e occupiamoci del vincitore. Il quale a dispetto di ogni previsione ha messo nel sacco i nemici, gabbandoli sul filo di lana. A Berlusconi è riuscito l’ennesimo colpo, quello cui non credeva nessuno. Come nel 1994 e nel 2006 pochi erano pronti a scommettere su di lui. I più lo avevano già seppellito, tanto che qualche consigliere anche ieri lo ha invitato a farsi da parte, suggerendogli di accogliere la richiesta presentata dai finiani, per consentire la nascita di un altro governo. Per lui sarebbe stata la fine e, quasi certamente, lo sarebbe stata anche per il centrodestra. Il Cavaliere invece ha tenuto duro. Nonostante le pressioni non ha mollato, dimostrando di che pasta è fatto, e dando prova, se ancora ve ne fosse bisogno, d’esser provvisto di attributi. Riconosciuti meriti e torti dei duellanti, qualcos’altro ci preme e cioè quello che succederà da qui in poi. Il Cavaliere sa benissimo che con tre voti di scarto non si governa, soprattutto perché ogni giorno in Parlamento non ci sono ministri e sottosegretari. Dunque, per non cadere nelle imboscate di Fini e andare avanti bisogna trovare altri voti. Che ovviamente non possono essere quelli di Futuro e Libertà: chi ha tradito una volta tradirebbe di nuovo. L’unica seria possibilità per allargare la maggioranza è quella che indichiamo da tempo, vale a dire un’intesa con l’Udc. So che alcuni storceranno il naso sentendo parlare dei democristiani, ma questo è il male minore. Pier Ferdinando Casini è sì ambizioso al pari di Fini, ma a differenza del presidente della Camera non è animato da un risentimento personale. Con il leader dell’Unione di centro Berlusconi può raggiungere un’intesa, offrendogli la prospettiva di essere il candidato premier del centrodestra nel 2013. In fondo conviene a tutti. Al Cavaliere che ha altri orizzonti, alla Lega che può incassare il federalismo e metterlo in pratica nelle Regioni del Nord, a Casini che evita di fare il nuovo Prodi della sinistra e pure agli italiani che potranno godere di un governo stabile, senza più i terremoti provocati dai seguaci di Fini. Visto che da solo se la cava egregiamente, abbiamo pochissimo da suggerire al presidente del Consiglio. Però in queste ore, in cui immaginiamo prepari le mosse per le prossime settimane, pensi anche a rimettere mano alla squadra che lo circonda. Sia al governo che al partito c’è bisogno di stringere i bulloni dell’auto e forse anche di cambiare qualche conducente. In due anni l’esecutivo ha fatto cose egregie, a cominciare dalla gestione dell’economia e del lavoro per proseguire con la riforma dell’Università, la lotta alla criminalità e all’immigrazione clandestina. Ma c’è qualcosa che non ha funzionato, errori e guerricciole che ci si poteva risparmiare. Berlusconi approfitti perciò del momento e faccia ciò che serve. Se così non fosse, se non gli riuscisse di rimettere in sesto la macchina e di rifornirla con l’Udc di altra benzina, allora, meglio, molto meglio rompere gli indugi e andare a votare. Per Fini sarebbe la fine. Per il centrodestra, un nuovo inizio.