L'editoriale

Giulio Bucchi

Cari finiani, cari futuristi, avrei tanto voluto mandare una mail alla vostra casella di posta elettronica. Ma siccome ho scoperto che scrivere ai parlamentari, eletti dal popolo, nella casella di posta elettronica, pagata dal popolo, è un atto «vomitevole» e «infame» ho pensato di scrivervi qui, sulle colonne di “Libero”. Spero che non sia «vomitevole» e «infame» anche questo,altrimenti proverò altri metodi: potrebbero funzionare i segnali di fumo? L’alfabeto muto? La telepatia? Nel caso, provvedo. D’altra parte so che ci rimanete male ogni giorno nel vedere la vostra bella faccia pubblicata sulle nostre pagine. Capisco: forse pensavate di averla persa per sempre. Dev’essere uno choc. Invece sono lieto di darvi la prima buona notizia della giornata: la faccia ce l’avete ancora. Almeno, sulla carta. Bisogna sapersi accontentare, no? Meglio una faccina di carta che una faccia di bronzo: voi, cari finiani, cari futuristi, in questi giorni per la verità riuscite a mettere insieme tutte e due, ed è già un bel risultato. Sappiate apprezzarlo a dovere, anche perché potrebbe anche essere l’unico che riuscite a ottenere di questi tempi. In compenso noi, sempre se ci è concesso comunicarvelo senza ricorrere ai tam tam o ai messaggi in bottiglia, siamo in grado di darvi una seconda buona notizia: mossi dal vostro sdegno abbiamo finalmente trovato il colpevole di questa pratica «vomitevole» e «infame», abbiamo trovato cioè colui che per primo ha voluto rendere pubbliche le vostre mail, l’uomo che ha autorizzato la diffusione della vostra casella postale, il vero responsabile della divulgazione dei vostri indirizzi elettronici. Com’è che l’avete definito nei vostri attacchi? «Manganellatore»? «Deficiente»? «Terrorista»? «Brigatista»? «Indegno»? «Vomitevole» e «infame»? Beh, perfetto: c’è solo da chiedersi perché una persona simile continuiate a considerarlo il vostro leader. In effetti, l’uomo in questione è niente meno che il presidente Fini. Non siete d’accordo? Provate a pensarci un attimo e vedrete che riuscirete a capirlo anche voi. Non è difficile. Chi è che autorizza la pubblicazione degli indirizzi dei deputati? Chi è che se ne fa addirittura vanto? Chi mette a disposizione del pubblico il primo e originale elenco di onorevoli? Da chi dipende la struttura che manda on line le vostre caselle postali? Dall’uomo del Monte(citorio), appunto: è lui che ha detto sì. Basta andare a vedere sul sito Internet della Camera dei Deputati: Gianfranco Fini, dopo essersi fatto bello dicendo di voler mantenere aperto personalmente il dialogo con i cittadini, attraverso il web e youtube, fa sapere che «è possibile contattare i deputati attraverso la posta elettronica. Ciascun deputato dispone di una casella pubblica di posta elettronica, alla quale è possibile accedere sia dall'elenco nominativo dei deputati sia dalle rispettive schede informative sull’attività svolta, consultabili nell’ambito della sezione Deputati e Organi parlamentari». Ora se volete continuare a vomitare, cari amici futuristi, fate pure.Mastate attenti a non sporcare i tappeti di casa Tulliani. Riesce in effetti difficile a capire, a meno che non si abbia l’eccelsa fantasia di un Briguglio o di una Perina, il motivo per cui, se Fini chiede di scrivere ai deputati, è «un atto di trasparenza» e se invece lo fa Belpietro è «una lista di proscrizione». Dal momento che la casella postale è la stessa, il tasto da pigiare è il medesimo, il server pure: dove sta la differenza? Perché Fini che invita a mandare posta è un sincero democratico e Belpietro che invita a mandare posta è manganellatore? Perché le mail in un caso sono una forma di dialogo e nell’altra una forma di terrorismo? Forse che le mail dei lettori di Libero hanno qualcosa che non vanno? Puzzano? Hanno l’alitosi chiocciola punto it? Hannoil virus della varicella elettronica? Sono a rischio di esplosione bubbonico-informatica? O, semplicemente, hanno la peggiore delle malattie possibili, e cioè rischiano di essere sincere? Si sa, non c’è nulla che faccia male come la sincerità. Per questo, cari finiani, cari futuristi, voi vi state trasformando leibnizianamente in monadi “senza porte e senza finestre”, simili alle famose scimmiette che non vedono, non parlano e soprattutto non sentono. Temete il confronto con gli elettori come un pipistrello teme la luce, come cappuccetto rosso teme un lupo, come chi ha appena avuto un’eredità teme di incontrare sulla sua strada Fini. Non volete ricevere lettere, non volete andare alle urne, sono pronto a scommettere che non rispondete nemmeno alle telefonate al cellulare se non vedete prima il nome di chi vi chiama… Senza accorgervi, però, che così facendo rischiate di passare rapidamente dal ruolo di monadi a quello di mona. La carriera è già segnata. Nell’ultimo attacco di ieri, su Generazione Italia, per esempio, fra un insulto e l’altro, dicevate che le «liste di proscrizione» di Libero sono «frutto della pavidità di chi le scrive». Ci sia concesso dissentire innanzitutto sulle «liste di proscrizione»: ci avete smarronato per settimane su quant’è bello fare gli elenchi, e gli elenchi di Fazio, e gli elenchi di Saviano, e gli elenchi di Dario Fo, e quelli di Paolo Rossi, etc, tutta via elencando, mi spiegate perché la prima volta che ci si mette “Libero”, chissà perché, l’elenco smette di essere chic e diventa una «lista di proscrizione»? Inoltre, se davvero c’è qualcosa di male nel pubblicare gli elenchi con gli indirizzi dei deputati, come abbiamo visto, non resta che prendersela con Fini. E infine per quanto riguarda il frutto della pavidità, beh, cari finiani, cari futuristi, anche su quello c’è di che ridire: è più pavido chi ogni giorno firma i pezzi (e i giornali) con nome e cognome o chi si vergogna persino della sua faccia? A proposito di pavidità, infine, ci sia concesso rivolgere un affettuoso pensiero al vostro capo, quello che ha voluto la pubblicazione dei vostri indirizzi e che vuole la distruzione di Berlusconi, più per una sua deviazione psichiatrica che per una sua deviazionepolitica. Ebbene: visto che stiamo andando verso l’ok Corral, cioè verso il duello finale, sappiamo tutti quelche rischia Berlusconi in caso di sconfitta nell’arena parlamentare. E Fini, invece, che rischia? Insomma: se il 14 dicembre il premier perderà la sfida, è ovvio che rassegnerà le dimissioni. E se invece perde il presidente della Camera? Visto che, come scrivono quelli di Generazione Italia, in queste situazioni non bisogna essere pavidi e «ci vogliono le palle», Gianfranco potrebbe, per una volta, dimostrare di averle davvero e non solo come bene off shore? E allora: ci fa sapere che cosa mette in gioco in questa sfida? Ci dice quale sarà il prezzo della sua sconfitta? Ieri da Ballarò ha comunicato che non ha intenzione di mollare la poltrona se il governo otterrà i voti. Nessuna meraviglia. Però, cari futuristi, fategli almeno sapere che ci piacerebbe tantopresentargli la domanda direttamente. Se pure lui ha paura delle mail, gliela possiamo anche inoltrare per altra via. Magari gli mandiamo un piccione viaggiatore. O un tordo, così si trova più a suo agio.