L'editoriale
Il motivo con cui Fini e tutta la compagnia bella che compone l’armata ribaltonista spiegano la richiesta di un governo tecnico, è la gravità della situazione economica. Ai congiurati che progettano di buttar giù Berlusconi per prenderne il posto, starebbe a cuore l’interesse nazionale, il quale, in un momento di bufera finanziaria globale, sarebbe minacciato proprio dalla permanenza del Cavaliere alla guida del Paese. Ovviamente, a nessuno dei promotori della macchinazione interessa verificare se l’allarme sia giustificato o meno: a loro preme solo trovare una giustificazione al proprio operato. Conta nulla, dunque, che l’Italia abbia retto meglio di altri all’uragano che si è abbattuto sull’Irlanda e meno di niente che le agenzie specializzate nella certificazione del debito pubblico degli Stati abbiano giudicato l’altro ieri il nostro senza segnalare alcuna preoccupazione sulla sua solvibilità. Per il presidente della Camera e per quelli dell’opposizione l’ora è grave e servono misure urgenti per salvare il Paese. In cosa consistano questi interventi di pronto soccorso non è difficile capirlo. Basta infatti sollecitare nei dibattiti televisivi uno degli esponenti del partito ribaltonista per sentirsi dire le paroline magiche: tassazione delle rendite. Una volta era la bandiera di Fausto Bertinotti, che la sventola in ogni occasione come formula per risolvere i problemi di bilancio del Paese. Oggi diventa il perno del programma economico del Pd, della Cgil e perfino di Futuro e Libertà. Durante una recente puntata di Ballarò, Susanna Camusso e Rosy Bindi hanno proposto la tassazione delle rendite come strumento per trovare nuove risorse. Per non spaventare i mercati, ovviamente sindacalista e presidentessa del Partito democratico hanno tenuto a precisare che l’imposta non riguarderebbe i Bot, ma solo i titoli azionari. Però, in un mercato borsistico che in un anno ha perso il 14% e negli ultimi cinque il trenta, tutti sanno che tassando le azioni si incasserebbe poco. Quali siano gli interventi cui pensa il partito dell’interesse nazionale che vuole far fuori Berlusconi, lo ha detto meglio ieri su La 7 Benedetto Della Vedova, il deputato radicale che dal PdL è traslocato in Futuro e Libertà. Come racconta il nostro Bechis, il parlamentare di Fini se n’è uscito con propositi argentini, sostenendo che si potrebbe congelare i Bot in mano agli italiani, evitando così ripercussioni sul mercato internazionale. In pratica, anziché essere rimborsati a scadenza, i titoli del debito pubblico verrebbero consolidati, ossia ne verrebbe allungato il termine di qualche anno o forse decennio. Così – a sentire il futurista – il governo non avrebbe più il problema di reperire risorse finanziarie e di fare i conti con l’ottovolante dei tassi. La realtà è che molti dei patrocinatori dell’interesse nazionale, i quali mascherano le loro ambizioni politiche dietro la presunta gravità della situazione finanziaria, sono economisti improvvisati e pasticcioni, e i loro interventi ci farebbero finire in bancarotta. La tassazione delle rendite non solo non porterebbe soldi in cassa, ma farebbe fuggire capitali e investitori esteri, terrorizzati da un governo che con un colpo di mano non rispetta gli impegni presi. Se frega i creditori del suo Paese, penserebbero, figurarsi cosa potrebbe fare con quelli esteri. Il partito della nazione diventerebbe in breve il partito del bidone. Purtroppo, come sempre, il conto del giochetto di palazzo dovrebbe essere pagato dai soliti noti: gli italiani.