Editoriale
Se davvero voleva galvanizzare i suoi e ridare slancio a un partito appena nato e già disorientato, Gianfranco Fini doveva inventarsi qualcos’altro fondatore di Fli nonché presidente della Cameraha messoonline ieri pomeriggio dà la stessa adrenalina di un monologo di Fabio Fazio. Se invece Fini voleva prendere tempo e rimangiarsi un po’ delle cose dette negli ultimi tempi, lasciando aperta una porta alla permanenza di Silvio Berlusconi a palazzo Chigi, allora il risultato è salvo. L’onore un po’meno. «Non potevamo stare col coltello tra i denti per un altro mese, dovevamo allentare la tensione», confidano i finiani, imbarazzati. La notizia, però, è proprio questa: Fini ha fermato la sua escalation. Anzi, ha fattounpasso indietro. È la prima volta che accade. Da aprile in poi, da quella direzione del PdL che lo aveva visto puntare l’indice contro Berlusconi («Che fai, mi cacci?») il presidente della Camera era andato sempre avanti. Ieri mattina lo scopo di Futuro e libertà era ancora andare «oltre Berlusconi». Cioè far cadere il governo e affidarlo a chiunque non fosse il Cavaliere. Persino Giulio Tremonti andava bene. Il passo successivo sembrava già scritto: sfiduciare il governo alla prima occasione e farsi una nuova vita politica al centro, come possibile alleato del Pd. L’op - zione resta, ma sui tempi e i modi non c’è più alcuna certezza. Ieri pomeriggio la “mission” di Fli è stata riscritta in corsa: adesso, come spiegato da Fini, «chi ha avuto l’onere e l’onore di governare deve onorare quell’impegno attraverso un’agenda di governo». E siccome l’onore e l’onere sono toccati a Berlusconi, il succo del discorso è che il Cavaliere può continuare a fare il presidente del Consiglio. Nel PdL apprezzano. Certo, per Fli molto dipende da quello che il premier dirà al Senato e alla Camera il 14 dicembre, quando si voterà la fiducia. Però, intanto, la marcia indietro c’è stata. La logica che l’ha ispirata è chiara: Giorgio Napolitano, con la sua decisione di tenere il governo nel limbo fino all’approvazione della Finanziaria, e cioè per un altro mese, ha dato a Berlusconi quattro settimane. Tempo che servirà al premier per rafforzarsi al Senato, dove i numeri - anche se di poco - sono già dalla sua parte, e alla Camera,dove invecele opposizioni e Fli sono in maggioranza, ma il Cavaliere ha discrete possibilità di recuperare il distacco. Anche facendo leva sulle colombe di Futuro e libertà, sempre più maldisposte verso chi spinge per la rottura e tentate dal ritorno nel PdL. E comunque, pure se a dicembre il governo cade, la tenuta di PdL e Lega al Senato conferma che i margini per dar vita a un esecutivo tecnico sono quasi azzerati: solo un cataclisma finanziario internazionale potrebbe rilanciare l’ipotesi di un «governo di responsabilità » affidato al governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Fini stesso, però, non sembra crederci molto. Ha realizzato che una volta sfiduciato il governo gli si aprirebbe davanti il baratro del voto anticipato. Un rischio che Berlusconi e Umberto Bossi sono pronti a correre. Tanto che,molto probabilmente, punteranno allo scioglimento delle Camere nei primi mesi del 2011 anche se l’esecutivo dovesse ottenere la fiducia del Parlamento. Ma Fli - al pari del Pd - non può ancora affrontare simili pericoli. Meglio raffreddare la situazione, allora. Anche se, con uscite come quella di ieri, Fini rischia di consolidare la sua fama di politico indeciso a tutto.