L'editoriale

Giulio Bucchi

Come ho scritto ieri, considero fesso chiunque cerchi di bloccare una trasmissione Rai. Non perché sia sbagliato impedire a Saviano, Fazio, Santoro e Travaglio di usare la tv pubblica come una cosa loro. Piuttosto perché lo ritengo inutile, se non addirittura controproducente. Qualsiasi tentativo di ricondurre i programmi di questi signori dentro gli argini di una televisione pagata con i soldi di tutti rischia infatti di rivelarsi un clamoroso autogol che dà maggior risalto allo spettacolo. Dunque, spero che Masi e i suoi collaboratori evitino di cadere nel tranello. Anzi, li scongiuro: fate finta di niente,  lasciate che Santoro e compagni vadano in onda e facciano il loro gioco, evitate per lo meno di contribuire al loro successo. In caso contrario, sarete cornuti e pure mazziati. Ciò detto, vorrei però rivolgere un appello anche ai teleconduttori, in particolare a Roberto Saviano, il quale domani avrà la possibilità di trovarsi faccia a faccia con Gianfranco Fini. A differenza di Fabio Fazio, l’autore di Gomorra non è un imbonitore televisivo, ma uno scrittore impegnato, un giornalista che si è fatto una solida fama di eroe raccontando i traffici del clan dei Casalesi. Insomma, è uno che non ha paura di essere scomodo. Noi da mesi cerchiamo di incontrare il fondatore di Futuro e Libertà, per potergli rivolgere alcune richieste di delucidazione, ma lui alle interviste si sottrae. Preferisce gli interventi registrati oppure i comizi, posti insomma dove non sono previste domande ma solo applausi. Ora, visto che lei, caro Saviano, avrà Fini a portata di mano, gli ponga per conto nostro quei quesiti. Gli chieda per esempio che fine ha fatto il cognato, quello della casa di Montecarlo. È tornato, gli ha parlato? È riuscito finalmente a farsi dire il nome del misterioso acquirente dell’appartamento monegasco? La cosa, capirà caro Saviano, non è secondaria: da uno che si appresta a disfare un governo con l’ambizione di guidarne uno suo ci si aspetta che almeno sappia farsi rispettare in famiglia, facendosi ascoltare e soprattutto facendosi rispondere. Già che c’è, ci premerebbe anche sapere come mai Fini ha ordinato al tesoriere di An di vendere l’alloggio a un cifra che a tutti è apparsa un terzo del suo valore. In genere, quando uno cede un bene, cerca di spuntare il prezzo più alto, non il più basso. C’è dunque una ragione che ha indotto il presidente della Camera a scegliere un valore inferiore alla valutazione? E a proposito di quella vicenda, lei, Saviano, lo sa che il primo a farsi una legge ad personam fu proprio Fini, che ordinò ai suoi di cambiare il codice civile per potere ricevere l’eredità della contessa Anna Maria Colleoni, escludendo i due nipoti che legittimamente vi aspiravano? Può chiedere a Fini che cosa diede in cambio a Massimo D’Alema (allora capo del governo) per fare approvare con i voti dell’Ulivo in soli tre giorni (record del Parlamento) quella legge ad personam che gli fece avere la casa di Montecarlo? Per non apparirle monotono o fissato con questa storia della casa, le aggiungo, caro Roberto, anche alcune domande che con Montecarlo non hanno nulla a che fare. Chieda, la prego, la ragione per cui sua suocera, la mamma di Elisabetta Tulliani, ha ottenuto un appalto Rai da un milione e mezzo di euro, senza aver mai visto uno spettacolo tv se non dal tinello di casa sua. Gli domandi se corrisponde al vero la notizia della convocazione a Montecitorio di un alto dirigente della Rai, cui la terza carica dello Stato avrebbe ingiunto di assecondare le esigenze del cognato con contratti della tv pubblica. Si informi anche su ciò che accadde dopo, ovvero se il no alla richiesta sia costato la carriera al funzionario. Già che c’è, veda di sapere qualche cosa in più anche dei rapporti tra il presidente della Camera e gli imprenditori della cricca, quelli che ridevano la notte del terremoto all’Aquila. È vero che la storica segretaria di Fini si diede da fare per sbloccare un pagamento da un milione di euro a Piscitelli? Quei soldi erano dovuti o piuttosto, come si capisce dalle intercettazioni, furono un piacere della collaboratrice di Gianfranco, in deroga alle norme fissate? Infine, caro Saviano, chieda al presidente della Camera se qualche imprenditore ha mai fatto contratti di consulenza a suo cognato, oppure glieli abbia offerti. Certo, lo so, dieci domande sono tante. Ma se lei le farà non solo avrà tenuto fede alla promessa di fare con il servizio pubblico delle inchieste. Ma sarà anche stato all’altezza della sua fama. Del resto, uno che non ha paura dei Casalesi può temere Gianfranco Fini?