l'Editoriale

carlotta mariani

Costo a trasmissione: 704 mila euro. Costo totale per 4 puntate: 2.816.000 euro. Questa “invenzione”, come l’ha definita ieri Roberto Saviano intervenendo ad Annozero, è invece contenuta nero su bianco nella proposta che i curatori della trasmissione di Saviano hanno inviato a fine luglio alla Rai. Non è stato dunque Mauro Masi a proporre 80 mila euro a puntata per Saviano, o 350 mila euro per la comparsata di Roberto Benigni. Questa è stata una scelta di Endemol e dei curatori della trasmissione, Fabio Fazio e lo stesso Saviano. Nel prospetto finanziario inviato alla Rai (quindi non proposto dall’azienda) erano indicati 2,4 milioni di “costo esterno editoriale” (conduttori e ospitate), 196 euro di “costo esterno di produzione” (collegamenti e studi fuori sede),  e 220 mila euro di “costo interno di produzione” (quel che spende la Rai negli studi di viale Sempione). Il totale fa dunque quei 704 mila euro a puntata. La scheda finanziaria è stata vistata dal direttore generale della Rai il 7 settembre scorso. A metà giugno il programma è stato presentato dalla Sipra agli investitori pubblicitari. A fine settembre sono arrivate le prenotazioni di spot per il programma. Fatturato previsto per le 4 puntate: 810 mila euro. Perdita complessiva dell’operazione: 2.016.000 euro. Con una Rai che ufficialmente prevede di perdere 116 milioni di euro a fine anno (ma saranno di più), è naturalmente scattato l’allarme rosso. Nessuno ha mai pensato di cancellare la trasmissione, ma solo di verificare prima dell’ok definitivo se era possibile ridurne i costi per limitare le perdite. Come rivelato da Libero ieri la penale contrattuale stipulata dalla Rai ammontava a 1,5 milioni di euro. Si era creato così il paradosso di rendere più conveniente non mandare in onda il programma rispetto alla sua regolare trasmissione. Accade spesso in Rai. Ieri sera ad Annozero è stato portato il caso meraviglioso di Che tempo che fa di Fabio Fazio. In studio c’era il curatore del programma, Loris Mazzetti, presentato da Santoro come un tecnico. Bontà sua ha fornito per la prima volta il budget economico di quel programma: Fazio prende 2 milioni di euro di cachet personale, la trasmissione costa “10-11 milioni di euro all’anno”. la descrizione Sempre Mazzetti descrive il programma come una miniera d’oro, tanto è che porta “7-8 milioni di euro di spot”. Dovrebbe provare a recarsi in qualsiasi ufficio acquisti di un’azienda privata in qualsiasi parte del mondo, e dire: “ho un programma di successo clamoroso, costa 11 milioni e ne fa entrare ben 8”. Quale televisione privata del mondo comprerebbe a scatola chiusa un programma di sicuro insuccesso che prima ancora di andare in onda sa già di causare all’azienda un buco di bilancio di 3 milioni di euro? Nessuna. Sarebbero messi alla porta il tecnico Mazzetti e il giovale Fazio, spiegando loro che la tv libera si fa quando si riesce a fare guadagnare l’azienda, non quando le si fa un danno. “Che tempo che fa” provoca un buco di bilancio, cioè un danno, di 252 mila euro al mese. dieci volte peggio Saviano riesce a fare quasi dieci volte peggio: 2 milioni di euro in un solo mese. Dunque è una semplice bugia il grande successo di questi programmi: sono un flop. Certo, la linea editoriale di una televisione pubblica è diversa da quella di una tv privata. Può permettersi di mandare in onda grandi flop come questi. A una condizione: che siano davvero trasmissioni di servizio pubblico. Che rispettino le idee di tutti, non abbiano tesi precostituite, ma accettino il contraddittorio, non offendano e non attacchino nessuno. Possono raccontare fatti, ma non spacciare per fatti le opinioni. Se ne esprimono una, devono accogliere anche quella contraria. le stranezze Non è così “Che tempo che fa”, non sembra così a leggere i contenuti nemmeno il programma di Saviano. A meno che prevedesse anche una infinità di ospiti gratuiti, in grado di difendersi dalle accuse che altri- a pagamento- sono liberi di fare. Quello che la Rai sta per mandare in onda viola il principio basilare di mercato di una tv privata e quello costituzionale che è alla base della televisione di Stato italiana. Non dovrebbe andare in onda.