L'Editoriale
Fossi in Michele Santoro, ma anche in Fabio Fazio, Serena Dandini e tanti altri conduttori progressisti in servizio permanente alla Rai, ogni giorno ringrazierei Berlusconi e pregherei Dio di preservarlo in salute e alla guida del governo. Nessuno se non l’attuale presidente del Consiglio può garantire loro un futuro sicuro e radioso, con posto fisso e portafoglio pieno. Massimo D’Alema, il primo e speriamo unico comunista arrivato a Palazzo Chigi, ci mise un secondo a liberarsi di Santoro e compagni, spedendoli a Mediaset senza neppure un lamento. Il Cavaliere invece sono almeno dieci anni che ci prova e finora è riuscito solo nel brillante risultato di moltiplicare i programmi di sinistra trasmessi dalla tv pubblica. Non scherzo, basta far l’elenco. Quando nel 2001 tornò in sella, in video c’erano il telepredicatore del “Raggio verde”, Enzo Biagi, la Dandini e poco altro. Dopo l’editto bulgaro e innumerevoli tentativi di ricondurre la Rai dentro i binari del servizio pubblico e non in quelli privati dei suoi conduttori, il bilancio è semplicemente disastroso. Dagli studi di RaiTre non passa giorno che non ci sia una finta trasmissione di approfondimento che faccia propaganda contro Berlusconi. Si comincia alle sei di mattina con Corradino Mineo e si finisce a notte fonda con Bianca Berlinguer. A Telekabul, così era chiamata ai tempi di Sandro Curzi, fanno gli straordinari, mandando in onda prime e seconde serate anti Cav, e non si riposano neppure la domenica, giorno riservato all’Annunziata e alla Gabanelli, la prima per facilitare la digestione del pasto di mezzogiorno, la seconda di quello serale. Mai la tv pubblica era stata così smaccatamente faziosa. Mai il palinsesto era stato infarcito di tanti programmi dichiaratamente schierati e partecipi nella lotta politica. Rispetto al passato, i conduttori non fanno nulla per nascondere la militanza e neppure l’antipatia per il premier. Anzi, in più di un caso la dichiarano, sicuri che sarà motivo di successo, quando non di avanzamento di carriera. L’ultima ad essere promossa per essersi allineata a posizioni antigovernative è stata Maria Luisa Busi, un pezzo di ghiaccio in onda al Tg1 delle venti che è stata scongelata su RaiTre, con una prima serata che già nel titolo è tutto un programma. “Articolo 3”, questo il nome scelto dalla bionda mezzobusto, è il paragrafo della Costituzione che tutela libertà e eguaglianza, principi che, par di capire, secondo la Busi in Italia sarebbero carenti. Di fronte al dilagare dei programmi antigovernativi e filo sinistrorsi, che cosa è stato imposto dalla maggioranza di centrodestra? Un solo appuntamento settimanale, quello di Gianluigi Paragone, collega che i lettori di Libero conoscono bene. In due anni, cui si sommano i precedenti cinque, l’unica trasmissione che resiste a cantare fuori dal coro progressista è dunque “L’ultima parola”. Se Berlusconi è un censore, un dittatore che imbavaglia le televisioni pubbliche e la libera stampa, i conduttori di sinistra dovrebbero augurarsi che rimanga in eterno, perché per loro è una garanzia di successo. Grazie alle sue lamentazioni o a quelle dei suoi più stretti collaboratori, il trionfo è assicurato. Pensate davvero che la Gabanelli avrebbe raggiunto il 18 % se Ghedini non avesse chiesto di vietare la messa in onda del servizio su Antigua? Oppure che Santoro avrebbe sfiorato il 24 % se Mauro Masi non lo avesse minacciato di sospensione? Macché, gli ascolti sarebbero rimasti quelli di sempre: 14 o 15 per cento. In tal caso il potere dei telepredicatori rossi sarebbe inferiore a quello di un Enrico Papi qualsiasi e soprattutto non ci sarebbe l’effetto imitazione, che spinge perfino uno come Fazio, capace solo di sorrisetti maliziosi e battutine da oratorio, a fingersi martire antiberlusconiano pur di tirar su lo share. Si spiega così anche l’intervista-fiume di Roberto Saviano, che ieri sera ha intrattenuto per mezzo tg gli spettatori del notiziario condotto da Enrico Mentana su La7, prima di intervenire anche a Ballarò, da Giovanni Floris. Insomma, se il Cavaliere e i suoi scudieri ci riflettessero un po’, basterebbe spegnere la tv e in un anno tutta la parrocchia rossa dell’emittente di Stato abbasserebbe il volume e pure le pretese. Anzi: fossi in Berlusconi quest’idea non la scarterei. Pensate che bello: a un Michele che si appella agli ascoltatori perché mandino lettere di protesta si potrebbe opporre un bel Silvio che si contro-appella agli italiani affinché ignorino Michele. Mi vedo già lo slogan: Spegni Santoro, l’annozero della tv di stato può cominciare.