L'Editoriale
Ma sì, siamo tutti delinquenti. Noi giornalisti che non lavoriamo per la stampa progressista siamo tutti imbroglioni, fabbricatori di dossier e di falsi, gente scorretta che rovista nella spazzatura, che all’occorrenza minaccia i rappresentanti dei poteri forti e, come ha fatto il collega di Panorama Giacomo Amadori, usa perfino i finanzieri per scoprire quante case possieda Antonio Di Pietro, ignorando che è più facile - e meno pericoloso - accedere al sito della Camera o del Senato piuttosto che a quello dell’anagrafe tributaria. Amadori, inoltre, si è pure permesso di raccontare la saga della casa di Montecarlo sulle pagine del suo settimanale, forse arrecando fastidio a Gianfranco Fini e ai suoi. I giornalisti di sinistra, quelli che hanno le informazioni in anticipo sulle inchieste e sanno tutto di tutti, in particolare di chi non ha neanche un lontano parente nel Pd o nell’Italia dei Valori, quelli sono mammolette, anzi eroi dell’antiberlusconismo, gente che non ha nulla di cui essere rimproverata. Anzi: loro sono da premiare con uno di quei riconoscimenti giornalistici di cui è pieno questo Paese. Che questo fosse il disegno di certe procure, ovvero screditare i cronisti genericamente definiti di destra, ci è chiaro da tempo. E non solo dal giorno in cui il celebre pm Woodcock, autore di una serie di inchieste spettacolari, ha deciso di mandare i Carabinieri del nucleo ecologico a disinfestare la redazione del Giornale, alla ricerca di improbabili prove che documentassero la violenza privata contro Emma Marcegaglia. Già nel passato avevamo intuito che per i giornalisti in servizio presso quotidiani etichettati come berlusconiani si metteva male. Non solo per via delle condanne, ormai sempre più pesanti, emesse contro di loro, mentre al contrario la legge veniva applicata con indulgenza, quando non con molta elasticità, con la stampa di sinistra. Ma anche perché ci era parso evidente che nel mirino oltre a loro vi fossero le fonti, i pochi che ancora si fidano a passare qualche notizia a chi non è di sinistra, così da far terra bruciata intorno a loro, isolandoli. L’Italia è la patria delle fughe di notizie. Non c’è inchiesta o interrogatorio che riesca a rimanere riservato più di una giornata. Ciò nonostante per nessuna carta finita sui tavoli delle redazioni progressiste è mai stato chiamato qualcuno a rispondere. In certi casi, nessuno si è preso la briga di richiedere neppure i tabulati telefonici. Ma se l’autore dello scoop non è della parrocchia rossa, state tranquilli che si indagherà per mesi, quando non per anni, e si disporranno addirittura i pedinamenti, come è capitato in passato a un collega del Giornale. Il tentativo di tappare la bocca a quei pochi che resistono è evidente. Perseguendoli non solo penalmente, ma anche accusandoli di non essere giornalisti, bensì mestatori. Gente ignobile senza nulla a che fare con l’informazione. Più si va incanagliendo il clima politico e più c’è chi si incanaglisce contro i giornali moderati. Porro, Sallusti e Amadori non saranno soli, è probabile che nelle prossime settimane o mesi altri finiscano nel mirino. L’anno zero contro il centrodestra comincia dalla stampa. Ne vedremo delle belle.