L'Editoriale
È finita come doveva finire, cioè nel ridicolo, la vicenda delle minacce che il vicedirettore del Giornale avrebbe esercitato nei confronti del presidente di Confindustria, per tramite del suo portavoce. Ieri Emma Marcegaglia ha dato il benservito al collaboratore, dopo che Panorama aveva reso note le telefonate che costui aveva fatto a un suo giornalista. Rinaldo Arpisella, questo il nome dell’uomo di fiducia della capa degli imprenditori, col cronista del settimanale si era trasformato da agnello in lupo, minacciando ritorsioni contro il governo se il nome della Marcegaglia fosse finito in un articolo riguardante l’inchiesta della Procura di Napoli. Già era abbastanza inverosimile che Confindustria si facesse intimidire da un sms di un giornalista, ma alla luce delle registrazioni di Panorama è apparso chiaro che Arpisella è tutt’altro che un funzionario di primo pelo, che si spaventa per un nonnulla. Dunque se fossero state reali le pressioni del collega de il Giornale avrebbe saputo come reagire. Tutto chiaro dunque? Argomento chiuso con il congedo forzoso del portavoce di viale Astronomia e le rassicurazioni di Emma Marcegaglia sull’indipendenza dell’associazione industriale? No, la vicenda non è né chiara né chiusa. Innanzitutto perché un’inchiesta giudiziaria resta aperta con l’ipotesi di violenza privata a carico di Nicola Porro e di Alessandro Sallusti. Probabilmente non se ne occuperà più il pm Woodcoock, il quale per competenza territoriale dovrà passare la mano ai colleghi di Milano. E poi perché ancora non si riesce a capire la ragione per cui la procura di Napoli abbia intercettato il portavoce della Marcegaglia. Si sono fatte le ipotesi che Arpisella fosse indagato o che lo fosse la sua presidentessa proprio per via della faccenda dei rifiuti campani. Ma sia l’una che l’altra sono state negate dai magistrati. Perché dunque i telefoni erano sotto controllo? Più la si guarda e più si capisce che questa storia tende a nascondere qualcos’altro e l’sms di Porro appare solo un pretesto per sapere qualcosa di più di una ridicola ipotesi di violenza privata. Il sospetto è che in realtà l’obiettivo della curiosità non fossero fin dall’inizio i vertici della Confindustria, ma quelli del Giornale. Il quotidiano di via Negri è stato in questi mesi impegnato in inchieste scottanti, l’ultima delle quali quella riguardante il famoso appartamento di Montecarlo ceduto da Gianfranco Fini e finito, guarda un po’, al cognato. Difficile pensare che questo non conti nulla. Più facile immaginare che qualcuno pensi di far cadere in trappola i quattro o cinque giornalisti di centrodestra più conosciuti e più rompiballe, così che l’assalto al Cavaliere risulti più agevole e con meno ostacoli. Come abbiamo scritto ieri, la caccia grossa a Berlusconi è ormai partita e le ultime indagini ne sono una prova. E questo è un tipo di safari in cui per colpire la preda non si va tanto per il sottile: ogni arma è adatta. Resta da vedere se un’associazione che si rifà al libero mercato può prestarsi a operazioni che invece riconducono alla consorteria politica. Ma per rispondere al quesito ci vorrà del tempo e soprattutto bisognerà tener d’occhio le prossime mosse di Emma Marcegaglia.