l'Editoriale

carlotta mariani

I fondi di Barbara Spinelli non deludono mai:  se si soffre d’insonnia basta leggerne alcune decine di righe e l’effetto soporifero è assicurato. Domenica però la sonnifera de La Stampa di Torino si è superata, vergando un’articolessa in cui lo stordimento era immediato, con conseguente stato confusionale.  Il pezzo prometteva bene sin dal principio,  perché parlava di apocalisse del giornalismo a proposito delle vicende che hanno coinvolto il Giornale e Emma Marcegaglia. Ma procedendo nella lettura si capiva che la signora era sinceramente preoccupata per il futuro di tutta la carta stampata, la cui sopravvivenza è a rischio in ogni parte del mondo a causa della diminuzione delle tirature.  Invece di interrogarsi a fondo sulle ragioni di un declino che colpisce i giornali ad ogni latitudine, Barbara Spinelli individuava immediatamente in Berlusconi il responsabile. Ora, che il Cavaliere qualche colpa ce l’abbia siamo convinti anche noi, ma non in merito alla crisi dell’editoria. Semmai per non aver fatto piazza pulita dentro il PdL e aver esitato a liquidare Gianfranco Fini, rimanendo così impantanato in una guerra senza fine. Cosa c’entri invece il premier con la riduzione delle diffusioni,  non è dato sapersi. L’editorialista de La Stampa lo accusa di aver provocato lo squasso morale delle testate, addebitandogli le telefonate del vicedirettore de il Giornale al portavoce di Emma Marcegaglia. Naturalmente ognuno è libero di pensarla come vuole a proposito di quelle conversazioni e noi abbiamo già detto qual è la nostra opinione. Ma se c’è un episodio che dimostra l’esatto contrario di quanto l’illustre collega voleva sostenere è proprio il caso degli sms inviati alla presidentessa di Confindustria. Come è noto, la polemica ha fatto aumentare le tirature e lo stesso è accaduto sia a noi sia a il Giornale quando ci siamo occupati della casa di Montecarlo. Dunque le testate di centrodestra dovrebbero essere portate ad esempio di come si possano battere le difficoltà del settore, perché ciò che l’editorialista de La Stampa indica come il finimondo dei giornali è esattamente il suo opposto. Magari ogni quotidiano pubblicasse inchieste e prese di posizione nette in luogo della melassa che abitualmente propina ai suoi lettori:  probabilmente nessuno, neanche la Spinelli, sarebbe costretta a piangere dall’alto delle copie rese. Naturalmente le oscure argomentazioni del quotidiano torinese avevano come primario obiettivo quello di dare dei delinquenti a tutti noi che non cantiamo nel coro della sinistra. Le redazioni delle testate genericamente indicate come vicine a Berlusconi erano infatti descritte nel fondo della Spinelli al pari di bande mafiose e i direttori che le guidano come protagonisti di un romanzo criminale. Contro di noi addirittura si invocava una punizione divina, capace di levarci di mezzo con il soffio della bocca di Gesù Cristo. Ma se noi meritiamo il fuoco ardente e la rovina eterna, come suggerito nella seconda lettera di San Paolo ai Tessalonicesi  che la Spinelli cita, che cosa meriterà Lucia Annunziata che ieri, per una critica, ha minacciato Maurizio Gasparri, promettendo di rovinarlo? Oltre all’inferno, le toccherà pure un’inchiesta di Woodcock?