L'editoriale
Il direttore del Gazzettino di Venezia, ieri nella rubrica delle lettere, rispondendo a una signora che lo interrogava sul rischio di un ritorno agli anni di piombo, rivelava di aver ricevuto alcune mail in cui in qualche modo si giustificava l’agguato al sottoscritto. La cosa mi ha colpito perché il giornale cui erano indirizzate non è il Fatto o l’organo della sinistra parlamentare, dai quali mi sarei aspetto simili lettori, ma il quotidiano più diffuso di quella che un tempo era considerata la provincia più bianca d’Italia, ora divenuta con Zaia la più verde. Ho chiamato il collega per saperne di più e Roberto Papetti mi ha confermato che le missive non erano opera del solito giro antiberlusconiano, che riempie le redazioni di ingiurie contro quelli che definisce i servi del Cavaliere, ma erano scritte da signori apparentemente tranquilli, i quali però sotto le parole garbate covano evidentemente un certo risentimento, per lo meno nei confronti di chi come me non canta nel coro della sinistra. Il concetto di fondo delle lettere era che me la sarei cercata. Con le cose che vado a dire in tv e che scrivo su Libero non potevo che attendermi questo, ovvero che qualcuno mi aspettasse fuori casa per scaricarmi addosso la pistola, oppure, come accadde mesi fa, per togliermi il sorriso dal volto e farmi sanguinare, come dichiarò il giovanotto fermato un attimo prima di entrare nel mio ufficio. Perché mi stupiscono tanto le lettere del Gazzettino? Semplicemente mi hanno fatto riflettere su certe analogie. Non so se ciò cui stiamo assistendo sia un anticipo degli anni di piombo, come alcuni dicono, oppure no. In realtà nessuno oggi è in grado di dirlo con certezza, neanche gli investigatori, i quali pur tenendo sott’occhio gli arrabbiati non sanno se fra loro vi sia gente pronta a usare la rivoltella o il kalashnikov o altro ancora. Ma il problema non è se esistano o meno gruppi di fuoco pronti a colpire, come un tempo le Brigate rosse. Il tema è che sta crescendo un’area che legittima e giustifica le azioni contro quelli che considera servi. Proprio come negli anni Settanta, quando i terroristi e molti altri, che terroristi non erano, giudicavano servi del capitale e delle multinazionali i dirigenti della Fiat, i giornalisti dei quotidiani moderati e gli uomini delle forze dell'ordine. Qualcuno oppone che le Br o altri gruppi consimili non possono tornare perché manca il collante ideologico. Sarà, ma a me pare che alla rivoluzione sia stato sostituito l’odio. È questo il nuovo collante che tiene insieme gli estremisti. Un odio profondo, contro Berlusconi e tutti coloro che ne sostengono le ragioni. Allora si abbattevano i servitori delle grandi industrie o dei loro giornali. Adesso si vuole abbattere i presunti servi del Grande male. Non facendo l’investigatore non mi preoccupo di quante bande armate siano in giro per il Paese, pronte a colpire il nemico. Ma da giornalista mi spaventa invece l’area di consenso di cui potrebbero godere. La storia ci ha insegnato che i terroristi rossi in fondo erano poche centinaia, ma il mondo che li appoggiò, incoraggiò e ne giustificò le azioni era invece formato da decine di migliaia di persone. Odiatori di professione che ieri tifavano per Curcio e compagni e ora tifano per chi è pronto a sparare al nemico anche quando è dentro casa. Come allora questi signori hanno la loro stampa e i loro tatzebao, giornali e blog che tengono nel mirino il nemico. Oltre a preoccuparsi dei terroristi, sarà il caso di preoccuparsi di loro.