L'editoriale

Tatiana Necchi

Come si fa a dire che il presidente del Consiglio è un bandito e poi sedersi al tavolo con lui, si chiedeva ieri il direttore del Fatto Antonio Padellaro? Semplice, non si fa. Nel senso che Gianfranco Fini non ha, né ha mai avuto, alcuna seria intenzione di sostenere Silvio Berlusconi e il suo governo. Anche quando sabato scorso ha recitato in tv la parte dell’ingenuo, chiedendo al Cavaliere di imbavagliare Libero e il Giornale, il presidente della Camera non ha mai sinceramente pensato di accordarsi con il premier per garantirgli la fine della legislatura senza agguati. Il suo è stato solo l’ultimo esempio di una doppiezza politica di cui ha dato ampia prova  in passato. Quali siano le vere intenzioni dell’inquilino di Montecitorio lo rivela la conversazione che il nostro Franco Bechis ha avuto ieri, a ventiquattr’ore dal discorso di Berlusconi, con uno dei pretoriani di Fini. Vogliamo Silvio in galera, è la sintesi del programma di Futuro e Libertà, un partito fatto su misura per assecondare le ambizioni del presidente della Camera, il quale è roso dal rancore nei confronti dell’alleato e consumato dalla smania di prenderne il posto. Come ho già avuto modo di scrivere, Fini è entrato nel PdL esclusivamente per sfuggire a un insuccesso che ne avrebbe annientato la carriera. In cuor suo ha però continuato a detestare il Cavaliere e la sua creatura, un rospo che l’ex presidente di An è stato costretto a ingoiare, digerendone anche il nome, scelto dai gazebo di Michela Vittoria Brambilla e non da lui. Ma il giorno dopo la vittoria elettorale già lavorava alla sconfitta del Cav. La battaglia contro l’uomo che lo sdoganò è diventata per lui un’ossessione, al punto che non finge  neppure più di smentire, lasciando che giornali come La Stampa di Torino, certo non sospetti di simpatie per il premier, scrivano che il presidente della Camera è pronto a giocarsi tutto pur di liberare l’Italia «da questo personaggio». Qualunque sia l’esito del voto odierno, e cioè indipendentemente dal probabile sostegno che i parlamentari di Futuro e Libertà confermeranno al governo, nulla cambierà e la maggioranza dovrà continuare a guardarsi le spalle. Fino a che Gianfranco resterà seduto sul seggio più alto di Montecitorio le pugnalate sono da mettere in conto. Ovviamente non siamo così ingenui da ritenere che Berlusconi queste cose non le sappia. Ma se il disegno del presidente della Camera è, come rivelano i suoi fedelissimi, logorare il premier fino a quando i pm s’incaricheranno di levarlo di mezzo, occorre accelerare i tempi. Liquidare Fini non solo è necessario per consentire al governo di poter lavorare senza ricatti, ma diventa vitale per la sopravvivenza stessa della leadership del Cavaliere. Dal duello rusticano che si è aperto ai vertici delle istituzioni uno solo uscirà in piedi. E per quel che ci riguarda non vorremmo fosse chi, parlando di futuro e libertà, pensa solo ai propri.