L'editoriale

Tatiana Necchi

Tira una brutta aria dalle parti di Montecitorio. E non, come qualcuno potrebbe immaginare, per qualche nuova marachella di Gianfranco Fini, ma più semplicemente per via dell’inciucio che si sta preparando nei dintorni.  In breve, la storia è la seguente. Come è noto  il governo ha bisogno di almeno 316 voti, senza i quali sarebbe nelle mani di Futuro e Libertà, e per raggiungere l’obiettivo si sta cercando di convincere un certo numero di parlamentari dell’opposizione. Del gruppo dovrebbero far parte l’ala siciliana dell’Udc, i campani e pugliesi di Noi Sud, gli altoatesini della Svp, più altri deputati di varia provenienza. In tutto una ventina di persone, disposte a sostenere la maggioranza con le motivazioni  (e le promesse) più eterogenee. Con questa legione straniera però poi bisognerà fare i conti e non è detto che sia più facile con loro che con i fedelissimi di Fini. Per cui, alcuni tra i più stretti collaboratori di Berlusconi hanno cominciato a chiedersi se ne vale davvero la pena. Passare dai ricatti di Fini ai capricci dei nuovi alleati è una prospettiva che non li consola affatto e già pensano alle complicate trattative  che ogni anno si impongono con l’approvazione della Finanziaria, portando a  stanziamenti per le più improbabili feste di paese. Inoltre, c’è il dubbio che la quota 316 sia sufficiente per ottenere la fiducia in Parlamento, ma non per garantirne i lavori, che nelle commissioni risulterebbero comunque a rischio. Così alcuni esponenti del PdL hanno preso a interrogarsi se non fosse meglio ripensare la strategia e al posto di fare accordi con la legione straniera trangugiare l’amaro calice di un’intesa con il cofondatore. In fondo, è preferibile essere ricattati da uno che da venti. I favorevoli a una trattativa con Fini pensano in pratica che raggiungere una tregua con il presidente della Camera rappresenterebbe il male minore e comunque richiederebbe meno energie  rispetto a quelle che costerebbero i patti da stringere con tutti gli altri. Per ora l’inciucio è solo un’idea appena abbozzata e non ha ancora superato lo scoglio della diffidenza che Berlusconi conserva nei confronti dell’ex alleato. Ma se la strada dovesse rivelarsi l’unica in grado di consentire la prosecuzione della legislatura, non è detto che alla fine il Cavaliere non si rassegni a percorrerla. Magari anche solo per prendere tempo e cercare un’alternativa. Del resto, non sarebbe la prima volta e forse nemmeno l’ultima che un dramma finisce in farsa e gli eterni duellanti diventano alleati. Tutto ciò naturalmente non ci rallegra affatto. Non perché Libero voglia a tutti i costi una resa dei conti, anche se questo volesse dire la caduta del governo. Piuttosto perché pensiamo che esista solo una cosa peggiore che tirare le cuoia. Ed è tirare a campare.