L'editoriale

Tatiana Necchi

Ormai è diventata un’abitudine: appena gli si fa una domanda o si entra nel merito di qualche strana operazione che lo riguarda da vicino, Gianfranco Fini mette mano alla querela. Invece di rispondere e di documentare le sue ragioni, l’uomo della trasparenza si affida agli avvocati, tentando di tapparci la bocca con un mucchio di carte bollate. Bel modo di fare per uno che appena due mesi fa sosteneva a spada tratta la libertà di stampa, precisando che in una democrazia non è mai troppa. Ma sono certo che, se riflettesse un attimo senza lasciarsi sopraffare dall’ira e dai cattivi consiglieri, il presidente della Camera converrebbe con noi di Libero: fornire le necessarie delucidazioni sarebbe la cosa più opportuna da fare per spazzar via ogni dubbio.  Meglio di mille querele. Del resto, al posto di spender tempo e soldi con i legali, la terza carica dello Stato dovrebbe ringraziarci, perché con le nostre domande lo aiutiamo a chiarire vicende che agli occhi di persone non addentro possono sembrano opache. Per esempio quella che ha suscitato la reazione piccata di ieri, ovvero la storia della piscina costruita in tempi di mondiali di nuoto e rimasta inutilizzata perché bucata. Magari c’è una buona e legalissima ragione per cui la sua fedele segretaria si è occupata di sbloccare i pagamenti a favore dell’imprenditore che la realizzò. Noi pensavamo che per farsi liquidare dallo Stato si dovesse seguire un iter burocratico complesso, passando da un numero interminabile di uffici e superando un percorso a ostacoli  appositamente predisposto da Giulio Tremonti per tenere chiusi i cordoni della borsa. Ma può essere che per esigenze speciali ci sia un ufficetto dedicato alla Camera, di fianco a quello del principale, affidato alle cure della sua più stretta collaboratrice. Può anche essere che ne esista un altro cui vanno recapitate le segnalazioni per gli appalti in attesa di essere sbloccati, senza dover fare tutta la trafila che spetta a chi non conosce la scorciatoia.  Ecco, può anche essere che sia tutto perfettamente legale e non ci sia alcunché da nascondere, ma vorremmo saperlo e nessuno meglio del numero uno di Montecitorio può dircelo.  So che di questi tempi, Fini non è incline ad accettare consigli dalla stampa, soprattutto da quella di centrodestra la quale da un po’ di tempo vede come il fumo negli occhi. Ma se fossi nei suoi panni io metterei da parte le citazioni, penali e civili. Convocherei chi è a conoscenza delle faccende in discussione e mi farei fornire tutti i chiarimenti necessari, dopo di che chiamerei i giornalisti e spiegherei tutto punto per punto, senza esitazione di fronte alle domande. Del resto, a querelare Gianfranco è sempre in tempo. E  magari potrebbe scoprire che le querele le deve rivolgere ai suoi, che l’hanno consigliato o aiutato male. PS.  A proposito di Fini. Ieri abbiamo annunciato che domenica consegneremo al presidente della Camera le firme giunte in redazione per chiederne  le dimissioni dopo la storia dell’appartamento di Montecarlo. La notizia ha scaldato gli animi di molti lettori di Libero, i quali ci hanno chiesto di organizzare torpedoni perché intendono partecipare alla gita in quel di Mirabello. Non  avendo però esperienza nel settore viaggi, siamo costretti a rinunciare all’idea di organizzare un tour guidato. Il nostro incaricato si recherà nel Ferrarese, documenteremo tutto e lo riferiremo nei dettagli ai nostri lettori.