L'editoriale

Tatiana Necchi

Perfino un giornale come il Fatto, pronto a farsi piacere chiunque si metta contro Berlusconi, storce il naso di fronte agli affari immobiliari di Gianfranco Fini. Il quotidiano manettaro non riesce a mandar giù le dichiarazioni con cui il presidente della Camera ha tentato di giustificare la strana operazione di Montecarlo. E pur attaccando Libero e il Giornale, accusati curiosamente d’aver sollevato il caso, è costretto ad ammettere che il capo di Futuro e Libertà non ha ancora chiarito perché un appartamento del valore di due, forse tre, milioni,  sia stato venduto per 300 mila euro, diventati nel bilancio di  An solo 67 mila. I dubbi sono tali da spingere Marco Lillo, uno dei cronisti giudiziari del Fatto, a vergare un editoriale per il sito online in cui sostiene che se fossimo in Gran Bretagna Fini sarebbe già stato costretto a dimettersi. Ovviamente l’invito è preceduto da una sequela di insulti contro i giornalisti di centrodestra, definiti elegantemente servi e camerieri del sultano, ma poi, alla fine, Lillo sputa il rospo e scrive che se non ci fosse di mezzo Berlusconi  mute di cronisti si butterebbero sulla pista della notizia, cercando «di scoprire la verità sulle società off-shore delle Antille che hanno messo le mani sull’eredità della contessa». Perfino il Corriere, organo dei poteri forti cui non dispiacerebbe defenestrare il Cavaliere, si è accorto che la cessione della casa puzza di losco e le querele minacciate dal presidente della Camera anziché contribuire a diradare le ambiguità che circondano la storia le aumentano. E così ieri il quotidiano diretto da Ferruccio De Bortoli ha sottolineato un paio di misteri rimasti senza risposta: il valore dell’affitto dell’alloggio in uso al cognato di Fini e  la strana vicenda delle società off-shore intervenute nell’operazione. Nell’interesse dei lettori del Corriere ci permettiamo di aggiungere gli altri fatti strani, a cominciare dalla presenza del signor Tulliani in un appartamento passato di mano, come minimo, a un quinto del suo valore, denaro che avrebbe dovuto contribuire a sostenere la causa di un partito di destra come An e invece è servito probabilmente a contribuire alla dolce vita di qualcuno che usa società paravento disperse nei Caraibi per nascondersi. Chi c’è dietro le finanziarie  e perché quella usata  per comprare l’immobile fu costituita poco più di un mese prima della vendita della casa monegasca? Cosa fa Giancarlo Tulliani a Montecarlo, visto che ieri al cronista di via Solferino ha negato di fare il produttore? E ancora:  perché nel passato la Rai affidò proprio a una società rappresentata dal cognato di Fini l’incarico di selezionare le comparse per programmi destinati alla tv di Stato? Chi lo sponsorizzò, visto che il giovanotto all’epoca non era propriamente un esperto del ramo produzioni televisive? E la mamma del rampollo Tulliani, oltre che genitrice della compagna del numero uno di Montecitorio, perché ha ricevuto un appalto analogo dalla Rai? Ha ragione Marco Lillo. In un Paese normale di fronte a fatti del genere, rimasti per giorni senza una spiegazione plausibile, un politico verrebbe indotto a lasciare l’incarico. Così è stato per Scajola, che «a sua insaputa»  si trovò l’appartamento pagato e ristrutturato da altri, così dovrebbe essere per chi «a sua insaputa» si trova l’appartamento venduto e regalato a degli sconosciuti. In un posto normale infatti i colleghi non si chiederebbero a chi conviene mettere in difficoltà Fini né per chi lavorano i giornalisti che hanno fatto lo scoop. Ma in un luogo del genere non si crederebbe neppure che la moglie della terza carica dello Stato abbia vinto  al Superenalotto una cifra tale da permetterle di comprarsi abitazioni e altro.