L'editoriale

Tatiana Necchi

Dentro il PdL tira un’aria che non mi piace. Un clima da fine regime, con i gerarchi più vicini al capo che si danno da fare per mettersi al riparo prima che grandini. Non mi è chiaro da dove spiri questo vento, ma so che si sta abbattendo sul partito con la forza di un uragano e i primi effetti si vedono. Perfino dentro il quartier generale di via dell’Umiltà è tutto un sussurrare di veleni e accuse, di prese di distanze e voltafaccia. Il segnale più evidente di quel che sta succedendo sono le correnti, le quali, schierate una contro l’altra, danno vita a un’atmosfera carica di sospetti che sta paralizzando il Popolo della Libertà. La sensazione che si stia per sfasciare tutto c’è ed è forte. Ma il Cavaliere sa tutto ciò? Sa che anche alcuni suoi collaboratori danno l’idea di volersela squagliare? Qualche giorno fa lo avevamo avvisato del malumore che si coglieva da più parti, soprattutto nell’opinione pubblica. Le liti interne alla maggioranza, le discussioni e i tira e molla sulla manovra, e, per ultimi, gli scandali, veri o presunti, che hanno coinvolto in diverso grado i dirigenti del partito e del governo, rischiano di fiaccare anche il suo consenso personale. Gli italiani hanno creduto e ancora credono in lui perché lo giudicano un decisionista, un uomo che ha idee pratiche e va al sodo, senza girare intorno alle questioni. Ma vedendo quel che accade si stanno disamorando della politica e cominciano a guardare storto anche il centrodestra.  Magari qualche sondaggista esagera e per assecondare le proprie aspettative politiche toglie a Berlusconi più consenso di quanto egli ne abbia perso. Ma anche facendo la tara su certe indagini demoscopiche, resta la sensazione che il vento stia un po’ cambiando e per la prima volta dopo tempo un  certo numero di elettori stia voltando le spalle al Cavaliere. Non che questi stiano diventando tutti dei pericolosi comunisti. Niente affatto. Però, a naso, c’è il rischio che si rifugino in quella che gli esperti definiscono l’area del non voto e dunque alle prossime elezioni se ne vadano al mare, regalando alla sinistra e ai mozza-orecchi di Di Pietro la speranza di un successo. Già, perché a differenza di quel che immaginano alcuni esponenti del centrodestra, i quali sognano di liquidare Berlusconi per ereditarne la leadership, se il PdL esplode, e con lui il governo, non è affatto certo che il testimone passi a loro. Più probabile invece che nel ribaltone vengano travolti tutti, anche coloro i quali hanno pensato di approfittare del clima. Infatti, come sempre capita quando ci sono terremoti, nessuno può davvero sentirsi al sicuro, ma, soprattutto, nessuno può immaginare alla fine cosa resterà in piedi dopo il sisma. Dunque, mi permetto un consiglio ai colonnelli del PdL che si danno da fare per cercarsi un nuovo posto al sole e anche a quelli che sperano di guadagnare uno strapuntino più importante di quello di cui dispongono oggi. Invece di litigare, andate a lavorare. Badate a tenere in piedi il partito e il governo, che la questione non riguarda solo Berlusconi, ma pure voi. Senza il capo in molti dovreste cercarvi un’altra occupazione e anche quelli che sognano di subentrargli alla guida del centrodestra potrebbero avere sorprese. Dunque, mettete da parte le ambizioni bellicose, che di questi tempi fa già tanto caldo e non c’è bisogno di infiammare gli animi.