l'Editoriale

Fabio Corti

Se non sono volati i ceffoni, poco ci è mancato. Di certo nessuno ha risparmiato le parole e il governatore della Lombardia si è incaricato di aggiungere il resto, schierandosi contro la manovra economica del governo e contro il suo ideatore. Formigoni e Tremonti sono due galli nel pollaio del PdL e questo forse potrebbe giustificare una certa ruvidezza dei toni, ma non basta a spiegare cosa sta succedendo, perché, se è vero che nessuno si fa spennare senza strillare, è altrettanto sicuro che lo scontro è andato un po’ oltre il teatrino messo in scena quando c’è da tagliare le spese far quadrare i conti. Noi stessi avevamo dato per scontato un certo numero di proteste, il solito sciopero della Cgil e l’ancor più abituale scampagnata romana per far rullare i tamburi e suonare le trombette sotto le finestre di palazzo Chigi. Per questo ci eravamo schierati con il ministro dell’Economia, spronandolo a fare sul serio e a non usare le forbici per finta. Troppe volte abbiamo visto manovre che dovevano recuperare miliardi e alla fine incassavano centesimi. Dunque, vista l’attuale situazione finanziaria internazionale e l’ancor più penoso stato del nostro debito pubblico, contavamo che Tremonti usasse la mannaia e affettasse gli sprechi di molte amministrazioni locali e statali. E per far capire da che parte stavamo non solo abbiamo titolato “Forza Taglia”, ma abbiamo anche suggerito un certo numero di capitoli di spesa cui si poteva senza fatica rinunciare. A distanza di qualche settimana dalla presentazione delle misure decise dal governo, ci rendiamo però conto che molti degli interventi sono fatti in orizzontale, nel senso che con un tratto di penna si è deciso di cancellare voci di bilancio senza guardare in faccia a nessuno, neppure a quelle Regioni che i fondi non li sperperano, ma sono state in tutti questi anni virtuose e attente a far fruttare il denaro dei cittadini. Il risultato ancora una volta è che chi ha sprecato è costretto a rinunciare a qualcosa ma ha soldi in abbondanza per continuare a sprecare, mentre chi in passato ha tirato la cinghia è costretto a tirarla ancor di più. Un paradosso che, come spiega Formigoni, a capo di una delle Regioni ingiustamente colpite, penalizza chi ha fatto bene e chi ha contratto debiti in egual misura. Che senso ha allora parlare di federalismo fiscale e di attribuire a ogni Regione le proprie responsabilità? Oggi chi come la Lombardia si lamenta sostenendo che buona parte dei redditi prodotti in loco viene distratta per foraggiare le spese delle Regioni a statuto fallimentare, e dunque vorrebbe più trasferimenti o quanto meno poter disporre delle proprie risorse, ottiene l’esatto contrario. Ovvero lo stato centralista lungi dal chiudere i rubinetti  dello spreco chiude quelli dell’efficienza. Vero che quando c’è da trovare i soldi non si va troppo per il sottile e li si prende dove ci sono. Ma da più di sessant’anni  funziona così ed ora, visto il clima economico e politico, sembrava giunto il momento di dare un taglio all’andazzo e voltare pagina. Invece, niente. Che a non fare sia poi il ministro  più è vicino alla Lega e al popolo delle partite Iva, un po’ sorprende e un po’ dispiace. In Tremonti abbiamo riposto e continuiamo a riporre molte speranze, ma il tempo passa e non vorremmo arrivare alla fine della legislatura a dover constatare che un’altra occasione è stata sprecata.