L'editoriale
L’Italia credo sia uno dei pochi Paesi al mondo, insieme a qualche repubblica delle banane, in cui il capo dello Stato non possa essere liberamente criticato e chi lo biasima lo faccia a suo rischio e pericolo, mettendo in conto anche una condanna. Del resto, il sottoscritto si è beccato una denuncia proprio per non essersi trattenuto nel commentare il comportamento di Giorgio Napolitano. Ciò premesso, non pensavo esistesse anche il reato di vilipendio di ex presidente. Credevo infatti che l’intoccabilità dell’inquilino del Quirinale fosse limitata al solo periodo di permanenza sul Colle e venisse meno una volta che questi fosse andato in pensione. Scopro invece che secondo Leoluca Orlando, l’indimenticato sindaco di Palermo che accusò Falcone di non fare le inchieste sugli intrecci tra politica e mafia, dovrei essere deferito all’ordine dei giornalisti per essermi permesso di criticare Carlo Azeglio Ciampi, ricordandone la non brillante carriera di governatore di Bankitalia. Orlando, che è il portavoce nazionale dell’Italia dei valori oltre che un parlamentare del partito di Di Pietro, mi accusa di essere venuto meno alla deontologia professionale, perché mi sarei permesso di ricordare la sciagurata difesa della lira e gli scandali che fiorirono in molte banche, Ambrosiano compreso, quando l’ex presidente era il reggente di via Nazionale. Per l’onorevole Idv, muovendo queste critiche io avrei insultato e diffamato il senatore a vita Ciampi, dimenticando di essere un giornalista e per questo dovrei essere allontanato dalla categoria. Per fortuna non mi risulta che Orlando sia ancora un proboviro della professione e questo mi rasserena, ma il suo intervento merita almeno un paio di osservazioni. La prima riguarda il pulpito da cui arriva la predica. Oltre ad essere stato acerrimo nemico di Giovanni Falcone, che denigrò dicendo che teneva nei cassetti inchieste scottanti, sulle spalle del parlamentare dipietrista grava infatti una condanna per diffamazione aggravata, passata in giudicato, per aver ingiustamente accusato di mafia 21 consiglieri comunali di Sciacca. Di lui si ricordano poi le violente insinuazioni fatte in tv, durante una puntata della trasmissione di Michele Santoro, contro il maresciallo dei carabinieri che stava per portare in Italia Tano Badalamenti, ovvero il boss che poteva confermare o smentire la mafiosità di Andreotti. Antonino Lombardo, questo il nome del sottufficiale dell’Arma, indicato come amico di Cosa nostra e gettato nel fango, per evitare che fosse fatto del male alla sua famiglia si suicidò. Ecco, da questo bel campione di garantismo arriva l’invito all’ordine dei giornalisti a perseguirmi per aver osato criticare l’ex sovrano del Quirinale. La seconda osservazione riguarda invece il concetto che Orlando, il suo partito e più in generale la sinistra, hanno della libertà di stampa. Il deputato dell’Idv è lo stesso che minaccia di fare le barricate fuori dal parlamento qualora venisse varata la legge sulle intercettazioni, la quale vieta la pubblicazione delle conversazioni telefoniche. È lo stesso Orlando che si lamenta per la restrizione degli spazi di libertà per la stampa e, insieme con quelli dell’associazione articolo 21, manifesta di fronte alla Rai contro il bavaglio all’informazione. Insomma, più che un portavoce l’onorevole dell’Italia dei valori è uno che la voce la vuole togliere, ma agli altri, a coloro i quali non la pensano come lui. Il che non stupisce, naturalmente, perché questo è mediamente ciò che intendono i compagni quando sproloquiano a proposito della libertà di stampa. Infine un’ultima annotazione, che riguarda invece le rivelazioni dell’ex presidente Ciampi, il quale in occasione della pubblicazione delle sue memorie ha sentito la necessità di rispolverare alcune curiose correlazioni tra le stragi di mafia e la discesa in campo del Cavaliere. Ma se aveva simili sospetti, perché ha aspettato 17 anni a parlare? Non ci vorrà mica far credere che ha covato la preoccupazione di un golpe così a lungo, meditando il da farsi, cioè se rivelarlo o meno, solo ora che c’è da lanciare il suo libro?