L'editoriale

Tatiana Necchi

Governo di emergenza sì o no? Il problema è soltanto matematico. E ci riporta al vecchio detto che la matematica non è un’opinione. Vediamo allora di ragionare a mente fredda sui dati che oggi abbiamo. Il primo ci sta sotto gli occhi tutti i giorni. La Grande Crisi economica e finanziaria non è per niente finita. L’esistenza dell’euro è sempre in pericolo. Le borse vanno a picco. L’unità europea traballa. Paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo hanno varato, o stanno per farlo, misure drastiche per salvarsi. Per questo vivono nella tempesta delle proteste popolari. Sempre più rabbiose e difficili da contenere.  Il secondo dato è che l’Italia sta meglio di loro. Ma anche da noi il governo Berlusconi si prepara, così pare, a prendere decisioni poco piacevoli. Le tasse non verranno ridotte, al contrario di quanto il Cavaliere ha promesso e ripromesso. Per i contribuenti fedeli che dichiarano redditi al di sopra di una certa soglia ci sarà di sicuro un aumento delle imposte. Gli evasori continueranno a fregarsi le mani, però milioni di italiani onesti si vedranno salassati. Bisognerà innalzare l’età pensionabile. Gli aumenti di stipendio del pubblico impiego verranno bloccati. Si dovrà avere la forza di ridurre in modo serio la spesa dello Stato. Con tutto quel che ne segue. Comuni con bilanci ridotti all’osso. Abolizione delle province. Riduzione netta di tutti quegli apparati, anche elettivi, che comportano passività non più sopportabili. E qui mi fermo. Anche perché non sono un esperto di manovre economiche all’insegna della cinghia tirata. Mi sono limitato a mettere insieme quanto sento dire in giro e quel che leggo sui giornali, a cominciare da “Libero”. Il terzo dato risulta da una domanda: l’attuale governo Berlusconi è in grado di fare tutto questo e di reggere all’urto che ne deriverà? Qui esprimo soltanto un’opinione, la mia: temo di no. In apparenza la maggioranza parlamentare di cui dispone il Cavaliere è sempre molto ampia. Ma non serve a nascondere le troppe realtà negative. Fratture interne La coesione interna al partito chiave del centro-destra è già finita da un pezzo. Sono nate le correnti: quelle visibili, Gianfranco Fini & C, e quelle invisibili e tuttavia esistenti. Queste fazioni hanno iniziato a combattersi, con un’asprezza impensabile appena qualche mese fa. La questione della Cricca, con le relative inchieste giudiziarie, si sta rivelando devastante. Sino a oggi, il Cavaliere ha perso un ministro e si aspetta la caduta di qualcun altro dei suoi generali.  Lui stesso non è più l’uomo di un tempo. Si sente accerchiato da complotti diversi da quelli delle toghe rosse. Questa volta gli nascono in casa. E lo costringono a guardarsi le spalle. Si mostra furibondo e sospettoso, come non è mai stato. Infine l’età è un peso per tutti. E quando le disgrazie si presentano in successione, non c’è sana e robusta costituzione fisica che regga. Per farla corta, sul groppone di Silvio grandina tutti i giorni. Non era mai accaduto dal lontano 1994. Anche quando il centro-destra perdeva le elezioni e cedeva il passo al centro-sinistra, l’aria che tirava nella coalizione non risultava pessima come è oggi. Nonostante tutto, non credo che il Cavaliere getterà la spugna senza combattere. Ma non si comporterà di certo come Hitler nel bunker di Berlino, deciso a resistere sino all’ultimo e a morire al centro di un deserto fatto di rovine. E il perché lo spiego subito. Berlusconi è un uomo pratico, con una lunga esperienza da imprenditore. È stato un uomo “del fare”, per ricorrere a una sua immagine. Dichiara di esserlo ancora. In quanto tale, sa bene che nella vita, come nel lavoro, esiste il momento della vittoria e quello dell’insuccesso. Ha saputo salire sul cavallo della politica nel momento giusto. Mi auguro, per il suo bene e per quello del paese, che sappia scenderne quando sarà arrivata l’ora di farlo. Ed ecco il quarto dato con un’altra domanda: l’ora di scendere da cavallo è vicina o lontana? Confesso di non saperlo. Ma al tempo stesso non credo che Berlusconi sia in grado di durare, in modo onorevole e fattivo, sino al 2013, termine della legislatura. Prima di arrivare a quel giorno, mancano ancora tre anni secchi. Un’eternità. Scommetto che neppure il Cavaliere, un super-ottimista come pochi, pensi di farcela. Se è così, in che modo risolverà il problema del dopo? Voto anticipato Il modo è uno solo: andare alle urne prima del tempo, tentare la carta delle elezioni anticipate. Ma questa è una via d’uscita con due incognite. Il presidente della Repubblica vorrà sciogliere le Camere? Giorgio Napolitano mi sembra poco incline a farlo. L’altro rebus è ancora più inquietante per il Cavaliere: il centro-destra vincerà di nuovo le elezioni? Nel Popolo della libertà i dubbi cominciano a essere più di uno. Alle regionali di fine marzo, il Pdl ha perso molti voti per l’astensione di tanti suoi elettori. E domenica il voto in Alto Adige ha registrato un astensionismo furioso per le consuetudini della zona. A Bolzano è andato alle urne soltanto il 65 per cento, a Merano appena il 63. Un fatto mai registrato prima e dovuto alle liti interne al Pdl, dove si sono pure presi a cazzotti.  I due rebus potrebbero essere sciolti con una crisi di governo rapida. E subito risolta con la nascita di un nuovo esecutivo sempre di centro-destra, ma non più guidato da Berlusconi. Domenica “Il Riformista” spiegava che è già nato il governo Tremonti, anch’esso fondato sull’asse con la Lega. È soltanto un’ipotesi suggestiva? Oppure sarebbe questo l’esecutivo di emergenza che molti si aspettano? Non ho dubbi sul fatto che il ministro dell’Economia saprebbe fare il premier. È uno dei pochi ad avere le idee chiare ed è stato il protagonista del vertice europeo che ha adottato le prime misure per salvare l’euro. Tremonti avrebbe l’appoggio totale della Lega, grazie alla sua antica sintonia con Bossi. Resta da vedere se avrebbe anche la forza politica di imporre le misure severe che sono attese. E quanto consenso potrebbe trovare nel campo delle opposizioni. Incognita opposizione L’ultimo dato che abbiamo sott’occhio riguarda proprio l’atteggiamento del  centro-sinistra. Qui siamo nel campo delle incognite totali. Oggi nessuno conosce quali siano i piani del Partito democratico e dell’Italia dei valori. E quelli del terzo, piccolo polo: l’Udc di Pierferdinando Casini. Dal vertice del Pd domenica si è levata la voce di Dario Franceschini. Il capogruppo democratico alla Camera ha sorpreso tutti dichiarando di essere pronto a un governo di emergenza, purché non ne faccia parte Berlusconi. Franceschini ha bruciato i suoi compagni sullo sprint. È partito a razzo per cancellare quell’ipotesi o per favorirla? Dario da Ferrara è un signore bizzarro, famoso per le gaffe di quando guidava il Pd. Quindi va a sapere che cosa abbia in testa. E come la pensino Pierluigi Bersani e gli altri generali democratici. Per non parlare del Tonino furioso e del suo partito. Comunque, sarà l’esecutivo di emergenza il chiodo rovente sul quale picchierà d’ora in poi il dibattito politico. Qualcuno lo chiamerà il Gabinetto di guerra. Come quelli di Winston Churchill che prospettava agli inglesi lacrime e sangue. Gli attori in scena saranno molti. E il rumore di fondo impressionante. Volete sapere come andrà a finire? È soltanto una mia previsione, molto personale. Prima o poi, un governo di emergenza, o di salvezza nazionale, nascerà. Ma a quel punto vorrà dire che ci troveremo al centro della burrasca. E saranno cavoli acidi per tutti.