L'editoriale

Eleonora Crisafulli

Quanto può reggere un governo  i cui ministri o uomini forti finiscono via via sotto il fuoco della magistratura? La risposta è facile: non serve essere un mago per immaginare che dura poco o, per dirla in milanese, dura minga. È questo ciò su cui tutti, maggioranza e opposizione, stanno riflettendo nelle ultime ore, dopo che, caduto Scajola, nel mirino è ritornato prepotentemente Denis Verdini. Nessuno, né chi è al governo né chi invece  è dall’altra parte della barricata, ha oggi voglia di elezioni. Ma avanti di queste passo, se continuerà il tiro al piccione, è probabile che anche la preda grossa finisca impallinata e si debba ritornare alle urne. Tradotto in parole semplici, neanche un presidente del Consiglio che ha un consenso ampio come quello di Silvio Berlusconi può reggere un’offensiva giudiziaria su più fronti, diretta non solo contro di lui, ma che colpisce anche i suoi principali collaboratori. Lo scenario che si è aperto con l’inizio dell’anno  è totalmente diverso rispetto a quello cui ci hanno abituato gli ultimi quindici anni di vita politica. Prima la caccia grossa era esclusivamente riservata al Cavaliere: ora la rete cerca di intrappolare quanti più possibili uomini di fiducia del premier. Sin dal momento in cui la procura di Firenze puntò su Guido Bertolaso sfiorando Gianni Letta, pensammo che la strategia mirasse a logorare la cerchia dei “parenti” stretti, per creare una breccia nel sistema. A distanza di mesi si dimostra che il nostro sospetto non era infondato. Il capo della Protezione civile è azzoppato, quello dello Sviluppo economico ha dovuto lasciare e il responsabile operativo del partito è malmesso. La macchina berlusconiana è insomma stata danneggiata nelle sue parti vitali e l’attacco, secondo le voci che giungono dalle procure, potrebbe solo essere all’inizio. Il presidente del Consiglio parla di un complotto che mira a far cadere il governo. A noi la parola complotto generalmente non piace, almeno fino a che non sono chiari i mandanti e pure perché se il piano esistesse vorrebbe dire che qualcuno nel centrodestra, per ingenuità o avidità, ha involontariamente fornito aiuto ai complottardi.  Ma anche senza voler scomodare oscure regie, è fuor di dubbio che in Italia c’è chi spera da tempo di poter mandare a casa, anzi su un’isola delle Antille, il Cavaliere. Nessuno infatti vuole tornare a votare, ma se il governo cade per implosione c’è sempre la possibilità di inventarsene uno tecnico che tiri fino al 2013. In pratica si può buttar giù Berlusconi senza dover passare per le urne, ma invocando l’interesse nazionale e facendosi beffa della volontà degli elettori. L’aria che tira è brutta e fossimo in Silvio terremmo gli occhi ben aperti, guardandoci dai nemici, ma anche dagli ex amici.