L'editoriale

Eleonora Crisafulli

Altro che riduzione delle tasse, qui c’è il pericolo di vedersele aumentare. Passata la festa (delle elezioni Regionali),  c’è il rischio che ci facciano la festa (a noi e ai nostri portafogli). Immaginiamo già la lista di giustificazioni che verranno addotte per spiegare l’inevitabilità del rincaro: non è colpa nostra, ce lo impone il Fondo monetario internazionale, quell’entità soprannaturale che ci obbliga a tener da conto i conti. Eppoi c’è la crisi economica e il terremoto finanziario provocato dalla Grecia, la quale rischia di fallire e di trascinare a fondo anche noi o per lo meno di darci un colpo basso. Intendiamoci: tutte motivazioni vere, mica campate in aria. Ciò nonostante se il governo varerà un giro di vite fiscale, con relativo accanimento sui poveri contribuenti, si sarà reso responsabile di una vera e propria pugnalata alle spalle del suo stesso elettorato. Tassare ora, quando tutti si aspettano al contrario qualche provvedimento di defiscalizzazione il quale ravvivi un po’ i consumi, rappresenterebbe un voltafaccia doppio, non solo perché arriva dopo che l’elettorato ha riconcesso fiducia a Berlusconi e a questo esecutivo consentendo la conquista di quattro governatori, ma anche perché - come abbiamo spiegato più volte -  i tradimenti non fanno parte del dna del Popolo della Libertà, in particolare quelli che hanno per tema le imposte. Quando iniziò il suo cammino, il centrodestra nel suo complesso assicurò libertà dall’oppressione fiscale di cui gli italiani sono vittime da decenni e da decine di cattivi amministratori. Lega, Forza Italia prima e PdL poi hanno conquistato la parte produttiva del Paese con la promessa di un Fisco equo, riassunto nella parole magiche di riforma fiscale. Difficile ora far digerire a elettori e contribuenti, che poi sono le stesse persone, un cambiamento di rotta. Quasi impossibile spiegare che non solo non si possono ridurre le tasse in tempi brevi, ma occorre pure aumentarle per far quadrare i conti. Da anni sosteniamo che per arrivare a un significativo taglio dei balzelli bisogna prima tagliare le cattive abitudini, soprattutto quelle che portano a gettare denaro inutilmente. Come si fa a chiedere altri soldi a chi già versa tributi elevatissimi quando poi questi quattrini servono per tappare i buchi di amministrazioni dissestate come quelle di Catania o della Calabria? Come si può accettare di pagare senza fiatare quando ancora resistono enti inutili e istituzioni ancor più inutili come le Province? Come giustificare il blocco delle spese nei Comuni virtuosi a vantaggio di quelli spendaccioni? Giulio Tremonti ieri sera si è affrettato a gettare acqua sul fuoco, dicendo che nulla per ora è in previsione.  Il ministro dell’Economia in questi due anni di governo ha fatto certamente miracoli, evitando che il ciclone finanziario partito dagli Stati Uniti desse una brutta botta al nostro sistema. Ora è chiamato a farne un altro: se vuole tener fede al patto stretto con gli italiani metta mano ai tagli e non alle tasse. Ne va da della credibilità politica del centrodestra. Ma anche della sua.