L'editoriale

Eleonora Crisafulli

Dicono che è l’Osservatore romano a tracciare la linea, mentre all’Avvenire tocca difenderla. In pratica il primo è la voce del Papa, il secondo l’organo dei vescovi che la diffonde. Ammesso che le cose stiano così, c’è da rimanere a bocca aperta in questi giorni a sfogliare il quotidiano della Cei. Mentre Benedetto XVI è vittima del più violento attacco mai  mosso contro un Pontefice negli ultimi cento anni, e qualcuno è giunto fino al punto di associare il suo nome alla pedofilia e reclamarne le dimissioni, il giornale della conferenza episcopale preferisce aprire con la strategia sugli armamenti del presidente Obama e sugli attentati a Baghdad. Neanche un commento sul caso che scuote la Chiesa cattolica in tutto il mondo, appena un riquadro di due colonne sulle parole dei cardinali Bertone e  Sodano i quali hanno difeso Ratzinger paragonandolo a Pio XII e citando l’offensiva che contro di lui venne sferrata a causa del suo silenzio sulla Shoah. Per trovare il resoconto delle parole del segretario di Stato e del suo predecessore  bisogna arrivare a pagina 21, dopo le potature d’autore e le assunzioni di addetti ai banchi distribuzione della Coop. Naturalmente lungi da noi voler dare lezioni ai colleghi de l’Avvenire: a metter becco sulla guida del quotidiano dei vescovi ci hanno già provato altri e si sa come è andata a finire. Cito il giornale diretto da Marco Tarquinio solo come spunto per pormi un interrogativo, ossia se i vertici della Chiesa sappiano cogliere la drammaticità del momento e lo sconcerto che alberga nei cuori di molti fedeli. In Irlanda, negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Norvegia e anche in Italia alcuni sacerdoti sono sotto accusa per molestie nei confronti di minori. Il New York Times ha provato a coinvolgere Benedetto XVI accusandolo d’aver messo la sordina agli scandali e le massime autorità che fanno?  Prima affidano la difesa al responsabile della sala vaticana, poi tocca a un cappuccino il quale scivola paragonando impropriamente l’attacco al papa allo sterminio degli ebrei, infine quando interviene il numero uno sotto il Santo padre, le sue parole vengono messe in prima pagina con un richiamo appena più grande di un francobollo.  È vero, la Chiesa non è una casa automobilistica che ha messo sul mercato un modello difettoso e dovendo recuperare credibilità fra i consumatori si affida a una campagna di comunicazione. Esiste da oltre duemila anni e ha superato ogni persecuzione e non teme quelle di carta. Ciò nonostante la sensazione è che non sappia bene come reagire alle accuse che le vengono mosse e assista immobile e disorientata all’aggressione. E che di aggressione si tratti non c’è dubbio. Gli episodi di pedofilia e molestie commessi da sacerdoti sono numerosi e probabilmente il perdono senza pubblica denuncia non è stato il migliore modo di affrontare il più orrendo dei peccati, soprattutto se chi lo ha compiuto è un confratello. I fatti andavano denunciati e nell’interesse dei cattolici sarebbe stato meglio alzare il velo senza alcun indugio, applicando, a difesa delle vittime e dell’istituzione la regola della massima trasparenza. Ciò detto la Chiesa non è la Spectre della pedofilia e per qualche decina di preti che ha sbagliato ce ne sono migliaia che sacrificano la propria vita nell’interesse degli altri. È per questi, per le migliaia di parroci e curati che operano nella fede, che la Chiesa dovrebbe saper reagire agli attacchi che quotidianamente le vengono mossi. E invece pare annichilita, vergognosa, come se la sola preoccupazione fosse quella di mettere a tacere uno scandalo e non quella di rivendicare ciò che di bene ha fatto e fa. Può darsi che l’atteggiamento dipenda dalla sicurezza della propria superiorità morale e che gli alti prelati non si curino della spazzatura che viene scagliata  loro addosso. E se così fosse non potrei che gioirne. Purtroppo temo che la mancata reazione sia frutto della scarsa padronanza con cui alcuni alti prelati maneggiano l’informazione e i suoi riti. Capisco che la Chiesa non tema lo scandalismo, ma forse farebbe bene a tenerne conto. Rispondere con chiarezza agli attacchi e allontanare in fretta chi ha sbagliato non sarebbe un cedimento, ma un gesto di coraggio. Soprattutto in un momento in cui c’è bisogno del  Papa e dei cattolici per arginare il fondamentalismo islamico.  Nessuno infatti può dimenticare che questo è il Pontefice del discorso di Ratisbona, il santo padre che appena salito al soglio di Pietro qualche musulmano, e non solo, voleva scendesse.