L'editoriale

Maria Acqua Simi

Se era un referendum su Berlusconi, come senza infingimenti  ha titolato il giornale del subcomandante Marco Travaglio, si deve concludere che il Cavaliere lo ha vinto e non di poco. Non solo il centrodestra ha trionfato in sei regioni, quattro in più di quelle che aveva in precedenza, ma in alcune lo ha fatto con un  pieno di voti da maggioranza bulgara. In Veneto e Lombardia, da sempre in mano a PdL e Lega, i candidati del centrosinistra sono stati doppiati, con 25-30 punti di distacco. In Calabria e Campania, da tempo a guida progressista, non è andata diversamente. A sorpresa il candidato di Bossi ha poi espugnato il Piemonte, regalando il secondo governatore al Carroccio, mentre la Polverini, ce l’ha fatta perfino senza l’aiuto della lista di maggioranza, esclusa dai giudici contro ogni buon senso. Delle regioni per cui si votava, la sinistra resiste in quelle tradizionalmente rosse e in un altro paio, mentre in Puglia vince più per gli errori degli avversari che per meriti suoi. Il centrodestra aveva infatti sottomano la vittoria e per agguantarla non aveva bisogno di fare nulla: sarebbe bastato indicare il candidato naturale, ovvero quella Adriana Poli Bortone che di An era stata tra le fondatrici ricoprendo numerosi incarichi, compreso quello di sindaco di Lecce. Invidie e sospetti hanno però indotto il PdL a contrapporre al candidato di centrosinistra  uno sconosciuto, lasciando la Poli Bortone a Casini. L’epilogo era prevedibile: la candidata dell’Udc ha fatto concorrenza al suo ex partito, cui sono mancate alcune decine di migliaia di voti.Incidente pugliese a parte, se qualcuno, pregustando la fine di Berlusconi, s’aspettava  un risultato alla francese è rimasto  a  bocca asciutta. Niente crollo del PdL, nessuna rimonta a sinistra, anzi semmai un’ulteriore frammentazione, con la nascita del movimento di Grillo il quale rischia di erodere consensi al partito di Bersani. Per il Pd, che già faticava a sopportare la concorrenza di Di Pietro, quella del comico genovese potrebbe essere esiziale.  Le cinque stelle dei grillini un risultato l’hanno comunque già ottenuto, oscurando definitivamente la stella con la falce e martello di Rifondazione comunista e questo ai nostri occhi resta comunque un merito da segnalare, anche se temiamo che i subentranti possano essere peggiori di chi li ha preceduti. Visti i risultati bisogna insomma convenire che, per come erano messe le cose, al centrodestra è andata assai meglio di quando fosse lecito aspettarsi.  L’umore che si respirava fino a un paio di settimane fa tra i dirigenti del Popolo della Libertà, prima della manifestazione di Roma, era infatti di rassegnazione. E del resto ne avevano ben donde.  Nei mesi scorsi il PdL ce l’ha messa tutta per perdere. Non solo con il pasticcio di Roma o l’imbroglio pugliese, ma anche grazie alle baruffe interne al partito cui abbiamo assistito nei mesi scorsi, quando  fondatore e cofondatore del PdL  avevano dato pubblica dimostrazione di non sopportarsi. Certo, nelle regioni del Nord si registra un travaso di voti dal Popolo della Libertà alla Lega,  in Lazio  e Calabria trionfano due esponenti finiani. Le due cose insieme poterebbero far temere per il futuro altri episodi di turbolenza e sgambetti reciproci. Il che sarebbe un guaio. Perché è vero gli italiani, in maggioranza, continuano a  sostenere questo centrodestra e le Regionali lo hanno dimostrato. Ma non bisogna abusare della loro pazienza.