L'editoriale
Silvio Berlusconi ieri ha rilanciato la tesi di un complotto contro il PdL che mirava a buttarlo fuori dalla corsa elettorale nel Lazio. L’ipotesi non è nuova: già si era affacciata la scorsa settimana, subito dopo l’esclusione del centrodestra, ma a noi era parso solo un modo per mascherare la cattiva figura rimediata dai dirigenti del partito con la consegna in ritardo delle liste alla cancelleria del Tribunale. Bisogna però riconoscere che la ricostruzione minuziosa dei fatti presentata ieri dal Cavaliere qualche sospetto lo lascia. Non vogliamo alimentare suggestioni, ma rileggendo gli eventi appare evidente che, se le cose si sono svolte in quei termini, qualcosa è successo. Forse non esisteva una regia precisa ma semplicemente una scarsa disponibilità nei confronti del Popolo della Libertà e dei suoi candidati, sta di fatto che molti elementi hanno concorso all’eliminazione del partito di maggioranza in una delle regioni più importanti del Paese. Insomma, come diceva Giulio Andreotti, a sospettare si fa male ma spesso ci si azzecca. Ora il problema non è più di chi sia la colpa e se oltre a quella ci sia del dolo: a tutto ciò si penserà in seguito, riesaminando le responsabilità dei funzionari del PdL e anche quella di chi deve garantire l’esercizio della libertà di voto. Il punto adesso è come si fa a recuperare e a non perdere la regione Lazio regalandola alla Bonino. Già ieri suggerivamo al presidente del Consiglio di mettere da parte le carte bollate e di concentrarsi sulla campagna elettorale, rilanciando l’orgoglio dei militanti e dei semplici simpatizzanti. Come da giorni andiamo ripetendo il nemico da abbattere in questo momento non sono i legulei che impediscono di votare, ma gli elettori e la delusione patita dopo quindici giorni di incertezza e di pressappochismo. C’è bisogno di un’inversione di tendenza non di un provvedimento di emergenza che rilegittimi gli esclusi. A Berlusconi abbiamo suggerito di metterci la faccia e anche l’anima, come ha sempre fatto, e ieri il Cavaliere è sceso in campo, restituendo passione a una campagna elettorale iniziata in maniera svogliata. Non osiamo immaginare di essere stati noi gli ispiratori di questa decisione, ma ci fa piacere che egli segua la stessa direzione che ci pare giusta. Anche se ha perso molto vantaggio, disperdendo un patrimonio di credibilità accumulato in questi due anni, il centrodestra ce la può ancora fare, recuperando nel Lazio come in altre regioni. L’importante è mettere da parte le liti e i dispetti o le rese dei conti. Per tutto ciò ci sarà tempo dopo il 29 marzo, quando si conoscerà il responso delle urne. Allora, comunque vada, sarà bene mettere i maggiorenti del partito intorno a un tavolo, non per regolare vecchie partite, ma aprirne una nuova, che non può chiamarsi diversamente da “Rifondazione liberale”. Quando Berlusconi scese in campo aveva in animo una rivoluzione liberale. Dopo quindici anni e molti miracoli, non ultima la sua resurrezione in seguito alla sconfitta del 2006, il Cavaliere si è inventato un nuovo partito che si chiama PdL. È stato un colpo di genio che gli ha permesso di vincere le elezioni, ma oggi bisogna riconoscere che il gioco di prestigio non gli consente di amministrare come vorrebbe e come vorrebbero gli italiani. Meglio dunque trovare una soluzione prima che il danno sia irreparabile. Serve aria nuova, prima che quella vecchia ci intossichi. E insieme all’aria fresca forse è il caso di garantire anche il ricambio di facce.