L'editoriale
Riceviamo e pubblichiamo: Caro direttore, come avviene per i disastri naturali, anche sulle inchieste giudiziarie volteggiano spesso gli avvoltoi, mentre gli sciacalli rovistano tra i faldoni che regolarmente escono dalle Procure per riversare fiumi di fango sugli indagati - anche se presunti - sui familiari e su chiunque abbia avuto la (s)ventura di avere anche un solo colloquio telefonico con loro. Se l’indagato è un politico, poi, la vis sciacallesca si moltiplica in modo esponenziale nel tentativo di regolare conti e conticini in sospeso e per togliere di mezzo qualche scomodo avversario di partito. Intendiamoci: sono perfettamente d’accordo con te quando scrivi che il Cavaliere deve provvedere subito a estirpare le mele marce dal partito, ma il concetto di mela marcia va a mio parere ristretto ai casi dei mariuoli di turno - ce ne sono stati, ce ne sono e purtroppo ce ne saranno in tutte le Repubbliche - presi con le mani nel sacco, perché se si dovesse dare un’interpretazione estensiva del termine, scomparirebbe d’un colpo il garantismo che, oltre a essere un fondamento basilare di civiltà, costituisce anche un elemento costitutivo della cultura politica del PdL. Non credo, allora, che la strada da seguire in questo momento in cui sembra rifarsi impropriamente spazio la sindrome di Tangentopoli, sia quella di farsi dettare le liste dei candidati per le Regionali dalle Procure, altrimenti si finirebbe per dar ragione a Borrelli, che anche da pensionato continua a teorizzare la supplenza politica della magistratura, e si dimenticano gli effetti perversi della sbornia giustizialista di Tangentopoli sul Paese e sulle sue istituzioni. Basti ricordare che il famigerato Parlamento degli inquisiti, sciolto nell’ignominia da Scalfaro nel ’94, uscì poi quasi completamente prosciolto alla prova dei processi, ma con decine di carriere politiche - e di famiglie - distrutte, e tutti abbiamo visto qual è stato il costo della decapitazione di un’intera classe dirigente. Non so dire se si trattò di una rivoluzione, di un putsch politico-giudiziario oppure di una serie di fattori concomitanti senza un’unica regia. So però che se non fosse sceso in campo Berlusconi, l’Italia avrebbe vissuto un ventennio di governi basati sull’asse D’Alema-Di Pietro, cioè su una sinistra illiberale supportata dal giustizialismo qualunquista. Ma ritengo sia inutile fare il riassunto delle puntate precedenti. Quello che mi preme dire oggi, prendendo spunto dalle vicende giudiziarie di Bertolaso e di Verdini, indagati dalla procura di Firenze e sottoposti a una micidiale gogna mediatica, è che sarebbe sbagliato e infausto per il PdL pensare di sistemare le questioni interne ricorrendo alla scorciatoia giudiziaria. È significativo - oltre che sinistramente puntuale - che l’inchiesta fiorentina sia stata fatta esplodere proprio in coincidenza con le elezioni regionali, e che, come tu hai opportunamente sottolineato, nel mirino siano finiti il simbolo riconosciuto del governo del fare - Bertolaso - e Verdini, l’uomo che ha guidato Forza Italia alla fusione con An, che è l’architrave dell’organizzazione del partito e che sbriga da anni, fra le tante altre cose, la rognosa pratica della compilazione delle liste elettorali. Un lavoro che procura soprattutto nemici. Non soprende dunque che qualcuno tenti ora di lucrare politicamente su un avviso di garanzia dai risvolti francamente marginali, e che l’ineffabile Granata abbia chiesto l’autosospensione di Verdini dal partito, comportandosi così come un perfetto dipietrino. Se questo significa che nel PdL sta nascendo una corrente giustizialista e forcaiola, allora siamo su una brutta china, e i garantisti hanno il diritto e il dovere di alzare la voce. È giusto inasprire le pene contro i corrotti, ma sarebbe davvero sciagurato rinnegare l’approdo garantista per ragioni di bottega, pardòn di partito. «Datemi una sola parola e potrò impiccare chiunque». È un vecchio proverbio da tenere in mente quando si leggono ritagli di intercettazioni degli indagati. Estrapolata dal contesto, qualsiasi frase può diventare una prova di colpevolezza. L’Italia è piena di innocenti impiccati ad un’intercettazione, e di avvisi di garanzia trasformati in condanne definitive. Ma la storia, si sa, non insegna mai nulla. Riccardo Mazzoni (direzione nazionale PdL) Caro Mazzoni, voglio subito rassicurarti: quando ho invitato Silvio Berlusconi a fare le pulizie di casa, gettando le mele marce prima che lo facciano i magistrati, non ero certo animato da sentimenti giustizialisti. Mi si possono imputare molti errori, ma non d’essere amante del genere. All’arruffapopolo che guida l’Italia dei Valori non ho mai fatto mancare le critiche ed è noto che lo considero solo un gran furbacchione che è riuscito a trasformare Mani pulite in un ottimo marchio, soprattutto per se stesso. Sgombrato il campo dai sospetti d’una mia improvvisa conversione alla dottrina Di Pietro, non si può però tacere che dentro il Pdl c’è chi ha sottovalutato il rischio derivante dalla presenza di un certo numero di mariuoli, che saranno pochi, come dici tu, ma ci sono. Se qualcuno non avesse voltato il capo dall’altra parte, probabilmente Milko Pennisi non sarebbe stato fermato dai carabinieri ma dai colleghi di partito. Il che invece non è avvenuto ed è grave. Dato che siamo alla vigilia di importanti elezioni, credo sia dunque bene fermarsi a riflettere e cercare di far piazza pulita di chi sta in politica solo per tornaconto, soprattutto se questo consiste in bustarelle da 5 mila euro a botta. Ribadisco: se premo per un repulisti non è perché abbia messo in soffitta il garantismo, che è un principio sacrosanto di fronte all’invadenza e, talvolta, alla malafede di certi pm. Ma continuando a far finta di nulla si rischia che le toghe ne approfittino come diciotto anni fa e poi facciano di ogni erba un fascio, dove l’erba però è composta quasi esclusivamente da dirigenti del Pdl. E qui vengo alla questione che tu segnali, ovvero l’inchiesta di Firenze. Noi di Libero siamo stati tra i primi a sentire puzza di bruciato in quell’indagine, iniziata a causa di un appalto sospetto di un’amministrazione di sinistra, ma guarda caso finita per colpire esponenti di centrodestra. Mi sono letto le carte che riguardano Bertolaso e Verdini e allo stato attuale non ho ancora capito quali siano i loro reati. La colpa del sottosegretario è di essersi fatto fare un massaggio? I magistrati hanno provato a lasciar credere che il capo della Protezione civile in quello Sport Village andasse per altro genere di trattamento, ma proprio le intercettazioni li smentiscono. E allora? Credono davvero che un uomo come Bertolaso si sia venduto per farsi curare il torcicollo? Agli atti non c’è scambio di denaro, né c’è prova di alcun illecito. Lo stesso dicasi per Verdini, il quale si dà da fare per aiutare l’amico imprenditore di cui è stato socio. Lo presenta a funzionari e amministratori, col risultato che fatti salvi un paio di lavori minori che un’azienda di quelle dimensioni probabilmente avrebbe ottenuto per conto suo, l’amico non riceve nessun lavoro. Ovviamente anche in questo caso niente bustarelle. E allora? Allora il problema è proprio questo: c’è chi tende a fare una gran confusione e a dipingere tutto un partito come una banda di ladri. Dunque occhio: se non ci si sbriga a cacciare i corrotti veri, qui si rischia che le Procure ripetano ciò che fecero nel 1992, quando indagarono mezzo parlamento, ovviamente quello dove stavano democristiani e socialisti, e salvarono il resto, composto dagli eredi del Pci. Di quella caccia alle streghe oggi sappiamo che era in gran parte immotivata e molti furono gli innocenti ingiustamente accusati e messi alla gogna. Ma non c’è dubbio che vi fossero anche molti mariuoli, i quali agivano con impunità e arroganza. Furono proprio questi ultimi a dare il pretesto per il grande repulisti che dove spazzare via una classe politica moderata e spianare la strada a quella comunista. Quella che abbiamo sotto gli occhi, pur non essendo Tangentopoli, presenta molte analogie col passato e io non voglio correre il rischio che i mariuoli siano di nuovo usati come espediente per abbattere un governo legittimamente eletto. Perché è vero che sono garantista, ma ti posso assicurare che non sono fesso. Maurizio Belpietro