Ichino: niente aiuti statali
Domenica su Libero Francesco Specchia intervista il professor Pietro Ichino, giuslavorista, ex dirigente Fiom-Cgil ora nel Pd sull'affare Alitalia. Ne anticipiamo una parte. pare che Epifani torni con l’idea dell’entrata di Air France in Alitalia. Perché? «Si è accorto, con grave ritardo, che la soluzione offerta da Air France in marzo scorso era il meglio che si potesse prospettare per Alitalia». Ma la Cgil, come la Cisl, è sempre stata contraria al controllo straniero sulle nostre grandi imprese: ricordiamo tutti il suo slogan “l’Italia non è in vendita”. «Appunto: ora, alla fine, pure Cgil e Cisl si accorgono che la difesa dell’“italianità” delle aziende è un errore clamoroso, indebolisce gravemente il sindacato e i lavoratori italiani, perché restringe enormemente la loro possibilità di scelta dell’imprenditore e offre agli imprenditori il vantaggio di minore concorrenza nel mercato del lavoro» Ma quando mai sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore? «Sul piano individuale questo accade diffusamente tutti i giorni. Ma può accadere anche sul piano collettivo. L’ intera vicenda Alitalia è una lunga procedura di selezione dell’imprenditore da ingaggiare per la gestione dell’azienda, nella quale i rappresentanti dei lavoratori hanno avuto un peso decisionale enorme. Peccato che lo abbiano utilizzato malissimo» Quello di Alitalia, però, è stato un caso molto particolare. «Ce ne sono molti altri. Pensiamo alle nostre ferrovie: perché le difendiamo dalla concorrenza di quelle svizzere o tedesche? Le ferrovie svizzere pagano i dipendenti tre volte i nostri, e offrono ai viaggiatori un servizio incomparabilmente migliore. Ai ferrovieri italiani converrebbe lasciar fallire la loro datrice di lavoro attuale e trattare il subentro con gli svizzeri. E agli italiani in generale converrebbe lasciarli fare, prendendosi in carico i ferrovieri che dovessero perdere il posto nel passaggio. Stesso discorso per le Poste. Ma i sindacati italiani non si sono ancora accorti che nell’economia globale la ricerca dell’imprenditore migliore in giro per il mondo diventa uno dei loro compiti più importanti». Quindi lei è d’accordo con Guido Rossi, quando sulla Stampa dice che parlare di italianità su Alitalia in fase di globalizzazione è una sciocchezza assoluta. Bisognava lasciarla fallire. Sarebbe un’affermazione del mercato”? «Sì: nulla avrebbe impedito di arrivare al fallimento avendo già pronta la disponibilità di un grande vettore internazionale a prendere in affitto l’azienda dal curatore fallimentare garantendo la perfetta continuità operativa; per poi acquistarla all’esito della normale gara. Comunque, in questo caso, non sarebbe stato neppure necessario passare per il fallimento, se si fosse accettata la proposta di Air France-KLM, che era pronta anche ad accollarsi i vecchi debiti». Lei sul Sole24ore ha dichiarato “Se potessi dire tutto quello che so su Alitalia, l’ingiustizia dell’accusa al Pd di soffiare sul fuoco sarebbe molto evidente”. Che cosa voleva dire? «Ci sono fatti e rapporti che devono essere mantenuti riservati, per varie ragioni, anche di natura professionale. Quello che volevo dire, comunque, è che il Pd non soltanto non ha mai ostacolato la trattativa tra la Cai e i sindacati, ma si è anche adoperato attivamente, per un’esito positivo»