L'editoriale
Ieri, nelle pagine di cronaca milanese di alcuni giornali, campeggiava un grande annuncio pubblicitario della Coop Lombardia. L’inserzione non faceva reclame all’ultima offerta prendi tre paghi due, ma rispondeva a Libero. Cito testualmente, sintassi ostica compresa: «Con riferimento a quanto pubblicato in data 13 gennaio 2010 sul quotidiano Libero, Coop Lombardia contesta fermamente, per quanto la riguarda, il contenuto di tali articoli ed esclude categoricamente di aver mai commissionato attività quali quelle descritte dal quotidiano Libero. Coop Lombardia ha già dato disposizioni affinché siano fatti tutti i necessari accertamenti, di cui informerà immediatamente l’autorità giudiziaria qualora emergessero, da parte di terzi, condotte penalmente rilevanti (o comunque illecite) e ha già dato incarico ai propri legali di prendere tutte le opportune iniziative a tutela della propria immagine». A parte il fatto che, se la notizia l’abbiamo pubblicata noi, non si capisce perché la si vada a stampare sulle pagine di Corriere e Repubblica. Sarebbe come se per informare i lettori de La Stampa di Torino si scrivesse a quelli del Gazzettino di Venezia. Ma lasciamo stare le bizzarrie degli uffici addetti alle relazioni pubbliche e veniamo al sodo. Che in questo caso consiste in una serie di intercettazioni e filmati che alcuni addetti alla sicurezza della Coop Lombardia avrebbero realizzato all’interno dei supermercati, registrando conversazioni e atteggiamenti di decine, quando non centinaia, di dipendenti della nota catena della distribuzione. La vicenda il nostro Gianluigi Nuzzi l’ha raccontata nei dettagli nei giorni scorsi, fornendo anche il nome di alcuni funzionari della Coop che, secondo le testimonianze, erano a conoscenza del sistema da Grande fratello con cui sarebbe stato esercitato il controllo all’interno dei grandi magazzini della nota marca cooperativa. L’azienda, pur senza dire che quello che abbiamo scritto è falso, nella sua inserzione a pagamento tenta però di negare i fatti. Naturalmente noi non siamo giudici e non vogliamo gettare la croce addosso a nessuno, né attribuire la responsabilità dei singoli - se ce ne sono - a un intero gruppo. Sta di fatto che ho visto con i miei occhi filmati di ignari impiegati ripresi mentre svolgevano il loro lavoro e ho ascoltato con le mie orecchie conversazioni evidentemente carpite tra funzionari e cassiere di supermercato. A che titolo quelle scene e quei dialoghi sono stati raccolti? Per farne che cosa? E chi ha dato ordine di installare questa vera e propria centrale d’ascolto fra i banchi della spesa? Le testimonianze giurate che sono state verificate da Libero lasciano intuire responsabilità precise, ma non tocca a noi fare gli accertamenti. La competenza è dei magistrati. E proprio a questo proposito mi domando come mai, a distanza di due giorni dalla pubblicazione delle notizie, nessuno si sia mosso. Non dico un pm, ma neppure un applicato di cancelleria o, che dico?, un usciere di tribunale. Intercettare altre persone mi risulta essere, fino a prova contraria, un reato. E accumulare intercettazioni se non è un reato dev’essere un suo parente stretto. È di ieri la notizia di un marito geloso che ascoltava le telefonate della moglie e ne controllava gli sms tramite un marchingegno e per questo rischia una condanna a 4 anni di carcere. Se si spia la moglie si finisce in galera, mentre se lo si fa con i dipendenti si ha un avanzamento di carriera? La vicenda che abbiamo cominciato a raccontare in questi giorni ha aspetti inquietanti, che non possono essere liquidati con una nota aziendale in cui si annunciano accertamenti, ma richiedono un vaglio superiore. Se l’autorità giudiziaria fosse interessata e non fosse di troppo disturbo noi saremmo pronti a fornire tutti gli elementi del caso: tocca ai magistrati infatti stabilire quante persone siano coinvolte in questa storia, i gradi di responsabilità e di coinvolgimento in un’operazione che ha contorni marcatamente illeciti. Avessimo denunciato lo spionaggio di Mediaset ai danni dei propri dipendenti, probabilmente, ci avrebbero buttato giù dal letto la notte stessa, mentre Libero era ancora in stampa e le copie non erano ancora uscite dalla rotativa. Trattandosi di Coop, bisogna invece aspettare che qualche pm trovi la voglia di occuparsene.