Dopo l'intervista di Mauro a "Libero"
Immigrati nell'esercito, il governo si spacca
Neutrale nessuno. O di qua o di là. Segno che il sasso lanciato nello stagno del dibattito politico di casa nostra dal ministro della Difesa, Mario Mauro, dalle colonne di Libero , ha prodotto cerchi concentrici opposti fra loro. Del resto la stessa proposta dell’esponente dell’esecutivo guidato da Enrico Letta - «cittadinanza italiana in cambio del servizio militare» - non è di quelle che puoi liquidare con una battuta, nonostante il tentativo del segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. «Cambiare la Costituzione per permettere agli immigrati di far parte delle forze armate», sostiene l’esponente del Carroccio, «per favorire l’accesso alla cittadinanza italiana, come sostenuto dal ministro è un principio demenziale». Salvini, però, non si ferma alla battuta, ma argomenta il suo no alla proposta del ministro. «Se devo cambiare la Costituzione», afferma il leader del Carroccio, «lo faccio per trasformare l’Italia in un paese federale e per dare la possibilità di referendum propositivi, non per gli immigrati». «È un’enorme cazzata», chiosa Salvini a proposito dell’idea di Mauro, «facciamo finta di non averla letta e che sia causata dall’abbondanza di cibo e libagioni delle festività». La posizione della Lega non stupisce, perché è nel solco della sua idea di base rispetto al tema dell’immigrazione, ma l’atteggiamento dell’ala renziana del Pd, anch’essa contraria, è senza dubbio spiazzante. «Credo che la proposta del ministro sia anacronistica», afferma il deputato Ernesto Carbone, «frutto più di un linguaggio militare che politico. Insomma, si tratta di un finto bersaglio per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dal vero problema, ovvero la cittadinanza». Carbone sul punto è netto: «Se un bimbo nasce in Italia è italiano». Eppure, non senza una certa sorpresa, il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, giudica «sensata e intelligente» la proposta del collega. «Ho letto molto attentamente l’intervista», afferma l’esponente dell’esecutivo Letta, «perché le sue proposte tengono conto di quelle che sono le strategie future dell’Europa e dell’Italia». Eppure dalle fila del Pd non la pensano affatto allo stesso modo. «Il ministro può dire ciò che vuole», replica il renziano Carbone, «ma da lei ci aspettiamo atti concreti, a partire dai Cie, e non parole». E fatti concreti invocano anche gli esponenti del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. «Trovo l’idea del ministro sbagliata», afferma il senatore Andrea Augello, «figlia forse del ruolo, più che di una visione politica. La nostra prospettiva è quella di concedere la cittadinanza per merito e non attraverso lo ius soli che rischia di aprire la strada ad una vera e propria tratta di donne incinte. Nei prossimi giorni, tenendo conto anche dei mal di pancia interni al Pd, presenteremo una proposta organica del Nuovo centrodestra sul tema dell’immigrazione». Una bocciatura tout court della proposta del ministro, restando nell’area del centrodestra, giunge anche da Forza Italia. «Una proposta inaccettabile e totalmente fuori dalla realtà», taglia corto il senatore Lucio Malan. «Ci sono migliaia di giovani italiani», afferma l’esponente azzurro, «che tentano inutilmente di entrare nel ristrettissimo numero di arruolamenti che vengono effettuati in questi anni e non si vede alcuna necessità di fare entrare al loro posto persone che vengono da chissà dove. Né questo meccanismo, né lo ius soli sono pensabili per l’Italia». D’accordo con Mauro il suo compagno di partito, Domenico Rossi, ex sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito, secondo cui, se è vero che occorre cambiare la Costituzione per consentire un accesso generale degli immigrati alle Forze armate, per una parte di essi la cosa sarebbe già fattibile intervenendo su una legge ordinaria. «Si potrebbe dunque modificare questa legge», avverte l’ex militare, «per estendere la vecchia norma oltre che al servizio militare obbligatorio anche al servizio militare volontario». Insomma, o di qua o di là. Anche perché già nel 2002 l’allora ministro Antonio Martino si disse pronto al grande passo: «non solo si risolverebbe il problema del reclutamento, ma questo intervento sarebbe utile anche per l’integrazione degli immigrati». Il dibattito è appena iniziato. di Enrico Paoli