Elisa Calessi
Resta in silenzio, Matteo Renzi. E non cede nemmeno alla tentazione di scrivere qualcosa su Facebook o su Twitter. Parlerà questa sera, da Fabio Fazio, a Che tempo che fa. Ma più che sulla scissione del Pdl, rispetto alla quale probabilmente se la sbrigherà con una battuta delle sue, sarà interessante ascoltare cosa ha da dire sul governo delle larghe intese. Nella cerchia dei suoi, infatti, ieri si registrava un importante cambio di passo: ora che il Pdl è venuto meno, bisogna ridiscutere se ha ancora senso per il Pd sostenere questo governo. La preoccupazione, infatti, è che il Pd - e dall’8 dicembre Renzi - rimanga da solo a sostenere un governo sempre più annaspante e su cui ogni giorno si scatenerebbe il fuoco di Berlusconi e Grillo. Paolo Gentiloni lo scrive esplicitamente su Facebook. Attenzione a non sottovalutare le due scelte fatte da Berlusconi: «La prima, tattica, è stata quella di non demonizzare gli scissionisti, anzi di presentarli come parte della grande famiglia di centrodestra di cui Berlusconi continua ad essere il patriarca. La seconda, strategica, di impostare una linea da campagna elettorale -contro le tasse, l’euro e la Merkel- che sembra già pronta per l'uso dei prossimi mesi. Per noi del Pd, dunque», continua l’ex ministro, «non c’è molto da festeggiare. Dalle larghe intese passeremo alle intese strette o variabili. Con il rischio di dover portare solo noi la croce di un governo non solo nostro. E di veder trasformate in una trappola mortale elezioni europee sotto il fuoco incrociato di Grillo e Berlusconi». E conclude: «Il quadro che ha fatto nascere questo governo da oggi è cambiato: conviene discuterne molto seriamente». Parole pesanti, che aprono una faglia nell’impegno finora sottoscritto dal Pd. Insomma, da oggi in poi non è scontato che il Pd tenga ancora in vita questo governo. I renziani, se non altro, chiedono di parlarne. Lo stesso ragionamento lo fa Antonio Funiciello, renziano e componente della segreteria del Pd, se possibile con ancora maggiore durezza: «È ridicolo dire che il governo ne esce rafforzato», spiega a Libero. «Intanto quando si riducono i parlamentari c’è un oggettivo indebolimento quantitativo. Ma c’è un altro fatto. Noi questo governo l’abbiamo sostenuto in forza del fatto che i due principali partiti si facevano carico di una certa situazione fino al 2015. Ora, però, il Pdl non c’è più. Viene meno uno dei due contraenti dell’accordo. Va certificato. E il Pd deve decidere cosa fare. È inaccettabile dire: andiamo avanti come se niente fosse». Concretamente, Funiciello chiede una «verifica politica». Cioè? «Se decidiamo di restare, bisogna fare un rimpasto, riequilibrare le forze. Insomma, va rinnovato il patto». Perché se aveva senso che il Pdl avesse cinque ministri, ora il raggruppamento di Alfano ne può rivendicare molti meno. Se no, se si valuta che non ci sono più le condizioni, che si fa? «Il piano A è continuare nel percorso indicato da Napolitano, il piano B è prendersi qualche mese, fare la legge elettorale e andare alle urne». Queste riflessioni nascono dalla preoccupazione che il nuovo assetto del centrodestra sia un “trappolone” per Renzi. «Il rischio», spiega un altro deputato vicino al sindaco di Firenze, «è che Berlusconi e Alfano marcino divisi per colpire uniti: uno fa l’antieuropeista, l’altro fa l’europeista, uno sta fuori dal governo, uno dentro e alle prossime elezioni europee fanno capotto. Lasciandoci a difendere l’indifendibile. Come con Monti. E si sa come è andata a finire». È finita che Pier Luigi Bersani ha perso le elezioni. E così mentre tra i filo-governativi del Pd, ieri, si respirava un clima euforico, come se la scissione del Pdl avesse rinsaldato il governo, tra i renziani la musica era tutt’altra. Non festeggia nemmeno Francesco Clementi, costituzionalista, uno dei saggi chiamati da Giorgio Napolitano, e anche lui molto vicino Renzi. Mentre su Twitter fiocchiavano ironie su Berlusconi invecchiato, Clementi scriveva: «Senza Pdl, c’è ancora necessità del Pd? Questo è il dilemma. L’Italia di domani deve spiegare perché il Pd non deve tornare a Ds e Margherita». E più tardi, a conclusione della giornata, fotografava la situazione così: «Berlusconi, come Beppe Grillo, scarica su Matteo Renzi il peso del governo delle larghe intese (Alfano compreso) per uccidere il Pd e Renzi». In che senso, lo spiega a Libero usando la metafora di un vecchio videogame, il pacman: «Siamo di fronte a uno schema micidiale: Berlusconi si mangia Alfano, poi si mangia il governo, poi cerca di mangiarsi Renzi». Fuor di metafora: le larghe intese, spiega Clementi, si fondavano su due gambe: Pd e Pdl. «Ora Berlusconi gioca da esterno, Grillo lo è sempre stato. E il Pd è costretto a sostenere questo governo che è stato persino bocciato dall’Unione Europea. Ma dall’8 dicembre tutto questo ricadrà su Renzi». Certo il sindaco di Firenze, stasera da Fazio, dovrà essere più prudente. Probabilmente ripeterà quanto già detto da Michele Santoro: il governo Letta esiste a prescindere da quanto accade nel Pdl. Durerà, se fa le cose. Ma i ragionamenti che si fanno tra i suoi sono questi. Come uscirne, non è semplice. Ma un’altra data su cui tenere gli occhi aperti è martedì, quando il Pd si riunirà per discutere del caso Cancellieri. Il sindaco ha già detto come la pensa: il Guardasigilli dovrebbe dimettersi. Se accadesse, non è escluso si arrivi a un’accelerazione degli eventi. di Elisa Calessi