Un Paese al palo

Con i balletti sul fiscol’Italia non si riprende più

Franco Bechis

Dopo avere detto che la rinviava, che la riformava, che la abrogava, che la abrogava solo in parte, che esentava i poveri e faceva pagare i ricchi, che esentava tutti, che avrebbe ora esentato a metà tutti, e poi   forse sarebbe arrivata l’altra metà, che si sarebbero esentate anche le imprese per i capannoni utilizzati, che non si sarebbero esentate subito, forse sì, forse no… Dopo questa grandine di informazioni contrastanti, ieri il governo di Enrico Letta ha fatto pubblicare un testo certo in Gazzetta ufficiale sulla abrogazione dell’Imu per la casa di proprietà. Quel che è scritto lì è finalmente certo. Ed è già qualcosa. Ma è diverso da quello detto 24 ore prima e chissà se quel che si dirà domani lo cambierà ancora.  Partiamo con le buone notizie: nessun proprietario di casa che non l’abbia già fatto a giugno, sarà tenuto a pagare la prima rata dell’Imu 2013. Questo è sicuro: è abrogata. E la seconda rata? Il decreto la abolisce nel suo secondo articolo, ma la norma riguarda solo le imprese costruttrici che non sono riuscite ancora a vendere o ad affittare i loro immobili. In parole povere: è certo di non pagare l’Imu 2013 l’ingegnere Caltagirone (uno dei più importanti costruttori italiani), ma deve solo sperarlo il signor Rossi o il signor Bianchi, perché per loro Letta ha promesso ma non ancora deciso formalmente. Seconda buona notizia viene da quel che non c’è nel decreto: non verranno recuperate a tassazione Irpef le seconde case degli italiani, come stabiliva la bozza di decreto entrata in consiglio dei ministri mercoledì scorso. Quell’intervento valeva 1,3 miliardi, e le coperture trovate sono ora molteplici. A rimetterci sono le forze di polizia a cui sono stati tagliati quasi 100 milioni di fondi già assegnati per le assunzioni. Rete ferroviaria italiana si vede decurtare 300 milioni dal capitolo sulla manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture. Trenta milioni vengono recuperati per la terza volta dall’accordo con la Libia, 50 milioni dai fondi per l’assunzione dei precari di altre leggi finanziarie. E poi un rivolo di mini tagli fino a fare 675 milioni di euro. Quasi un miliardo e mezzo della copertura sembra ballerina. In sé riunisce il maggiore gettito Iva che dovrebbe arrivare dai pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese creditrici (il decreto concede l’emissione di nuovi 8 miliardi di debito pubblico per questo) e la sanatoria di un contenzioso con i concessionari delle slot machine. Se quel miliardo e mezzo farà fatica ad entrare, entro novembre si potrà decidere di prendere quei soldi aumentando la percentuale di anticipo Ires e Irap da versare il 30 del mese. Siccome per rinviare l’Iva a luglio Letta aveva già portato quell’anticipo al 101%, è assai probabile che l’abolizione dell’Imu venga pagata dalle imprese attraverso un prestito forzoso per tasse che non dovrebbero pagare fino al 2015.  Questo gran caos che ha al momento risolto solo metà del problema (la seconda rata Imu sulla prima casa è al momento in vigore e va pagata il 15 dicembre 2013) ha annullato ormai qualsiasi beneficio economico che normalmente una abrogazione di una tassa porta. È assai probabile che quei 4 miliardi scontati in questo modo agli italiani abbiano effetto zero sul ciclo economico e sulla ripresa dei consumi. L’insicurezza crea sfiducia e deprime inevitabilmente il ciclo economico. E più insicurezza sparsa a larghe mani di quella che ha accompagnato le vicende dell’Imu di queste mesi, è difficile davvero immaginarla. È inevitabile che dopo la giostra a cui hanno assistito e assistono ancora con questo decreto legge i contribuenti italiani non siano disposti a spendere un solo euro di quello che risparmiano con l’abrogazione certa della prima rata Imu. Non si fidano più. Scatta in tutti la reazione più ovvia: «Sì, hanno abolito alla prima rata. E dove è il trucco con cui mi fanno pagare in altro modo?». Oltretutto, insieme alle incertezze 2013, ci sono quelle 2014, anno in cui l’Imu prima casa tornerà travestita da Tares (da gennaio) e dove l’unica informazione fornita è che si pagherà meno della somma fra Imu e vecchia tassa sui rifiuti. Un po’ poco, davvero per mettere mano al portafoglio e spendere fra il 15 e il 31 quando verrà chiesto indietro già dal giorno dopo… Franco Bechis