Verso le larghe intese
Dopo le aperture democraticheOra il Pdl crede all’accordo
Enrico Paoli Silvio Berlusconi che unisce e rilancia con gli 8 punti programmatici. Dario Franceschini che apre e divide con l’ipotesi di alleanza con il Pdl. Matteo Renzi che sogna il voto e lacera il centrosinistra. Piddini e piddiellini che registrano, condividono e criticano. Nel sabato del villaggio a maggior tasso di fibrillazione delle ultime settimane le reazioni alle uscite dei leader smuovono i sismografi della politica. E se Pdl si esalta per le 8 proposte del leader, ribadendo che solo Pdl sa offrire risposte concrete e non sta con le mani i mano, come ha sottolineato dall’ex governatore del Lazio, Renata Polverini , il tema vero resta l’apertura ad una alleanza con il Pdl. «Con Franceschini cade il muro di Berlino» commenta Licia Ronzulli, europarlamentare del Pdl. «L’analisi del collega Franceschini è onesta e scevra da ideologismi» dice Maria Stella Gelmini, mentre Daniela Santanché è ancor più ottimista: «Finalmente Franceschini ha avuto il coraggio di dire che il Re è nudo e che una fase ben precisa del Paese è finita». A bocciare Franceschini e la sua apertura al Pdl ci pensano i compagni di partito. Per il deputato Andrea de Maria, si tratta di «un errore drammatico». «Le ipotesi che si stanno facendo di un governo con il Pdl non corrispondono al mandato ricevuto e sono una catastrofe politica per l’Italia e per il Pd», dice la senatrice del Pd Laura Puppato. Eppure come, fa notare l’ex ministro Mara Carfagna, «gli otto punti programmatici presentati da Pier Luigi Bersani subito dopo le elezioni sono in buona parte sovrapponibili al programma elettorale del Pdl: ripartiamo da queste convergenze, senza perdere altro tempo, per dare un governo agli italiani». Sulla stessa linea anche Fabrizio Cicchitto. «Dopo quello che hanno detto da un lato Renzi, dall’altro Franceschini e dall’altro ancora Berlusconi, la situazione è molto chiara, netta e richiede anche una rapida definizione», sostiene l’esponente del Pdl, «o, malgrado la loro storica e politica alternatività, Pdl e Pd trovano una convergenza programmatica e politica su un governo d’emergenza fondato su una riforma istituzionale e una politica economica per la crescita e su una presidenza della Repubblica che riequilibri tutto il quadro istituzionale che oggi è del tutto sbilanciato, oppure altrettanto rapidamente si deve andare al voto. La cosa peggiore è quella di lasciare che la situazione marcisca magari aspettando un improbabile Godot. Dalla Lega si fa sentire Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte. «La nostra posizione è sempre stata chiara: serve un governo, ma solo con un accordo politico trasparente», sostiene l’esponente del Carroccio, «se anche il Pd è sulla stessa posizione meglio tardi che mai. Per la Lega, comunque, è pregiudiziale la questione settentrionale». Critico, infine, Bruno Tavacci. «Berlusconi lancia la proposta di azzerare il finanziamento pubblico ai partiti. Come sempre passa disinvoltamente da una posizione all’altra per puro calcolo personale, dice il leader del Centro Democratico.