Trattative a Bruxelles
Ue, Angela Merkel vuole ridurre il budget: "Serve più rigore"
di Sandro Iacometti In un vertice slittato di oltre cinque ore nel tentativo di smussare le posizioni, i 27 Paesi dell’Ue hanno cercato nella notte un difficile accordo sul bilancio 2014-2020. Le dichiarazioni dei protagonisti, al loro arrivo a Bruxelles, avevano già rivelato quanto la trattativa fosse stretta. «L’austerità si deve applicare anche all’Europa e se non scende il tetto di spesa della proposta di novembre, niente accordo», ha minacciato il premier britannico David Cameron. «Non sono d’accordo per un compromesso a tutti i costi se a rimetterci sono agricoltura e crescita», ha dichiarato il presidente francese Francois Hollande. «Non siamo sicuri di arrivare ad un accordo. Le posizioni sono ancora lontane», ha ammesso la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il vertice è partito alle 20.30 di ieri. Se i leader non arriveranno a questa mattina con un accordo in mano l’Europa rischia di piombare nel caos perché non sarà più in grado di erogare aiuti né di prendere decisioni che impegnino fondi per l’immediato futuro e non solo. La pressione di Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, sui governi è alle stelle. L’ex premier belga ha già asciugato il più possibile la sua proposta di novembre, che da 1008 miliardi di euro è scesa a circa 960 miliardi (si parla di impegni di spesa, mentre la spesa effettiva sarà minore tra i 900 e i 929 miliardi). Il bilancio precedente (2007-2013) era di 1035 miliardi ma per gli Stati del Nord era impensabile mantenere quella cifra in tempi di crisi e quindi, Gran Bretagna e Germania in testa, hanno preteso che l’austerity entrasse anche nella spesa europea. Italia e Francia sono tra coloro che subiranno le conseguenze maggiori dei nuovi tagli. L’Italia, primo contributore netto (dà all’Ue più di quanto riceve), vuole ridurre il suo saldo passivo. In altre parole, non vuole spendere più di altri senza avere nulla in cambio, come invece succede a Germania e Gran Bretagna che godono dei famosi sconti che saranno messi in discussione nel negoziato. In realtà, però, il privilegio britannico dello sconto eterno non si può toccare perché si decide all’unanimità. Sul tavolo ci sono quindi solo gli sconti da prorogare per Germania, Olanda, Svezia e Austria. La Danimarca vuole lo stesso privilegio. Roma invece vuole salvare i fondi all’agricoltura, che dal nuovo aggiustamento di Van Rompuy escono malmessi. E poi vuole che i tagli non colpiscano solo la voce crescita, cioè infrastrutture, innovazione e ricerca, come sembra invece al momento. La Francia sta con l’Italia nella partita crescita e come Roma difende i suoi fondi agricoli, mentre la Germania si sarebbe ammorbidita sul rigore e sembrerebbe disposta ad aumentare il suo contributo. A poco, sembra, sia servito il trucco di separare impegni di spesa e stanziamenti. Dietro la distinzione c’è lo zampino dei negoziatori, che hanno individuato un trucco utilizzando i meandri della legislazione Ue e soprattutto le pratiche di bilancio diventate ormai correnti negli ultimi anni nelle istituzioni europee. L’idea caldeggiata da Van Rompuy, in sostanza, è quella di fissare per il quadro finanziario europeo per i prossimi sette anni, un livello più elevato di stanziamenti «d’impegno» (cioè programmatici), rispetto agli stanziamenti di «pagamento». Ma l’operazione, così come avviene a livello nazionale con i trucchi contabili, rischia di fare più danni di quanto problemi risolva. L’importante, spiegano infatti gli esperti, è il livello degli impegni, in quanto è là che risiede la vera decisione di bilancio ed è su quel fronte che l’Ue assume l’obbligo giuridico di versare risorse finanziarie ai Paesi membri. I pagamenti invece, rappresentano la somma che l’Unione si attende effettivamente di pagare nel corso di un determinato esercizio finanziario. Di conseguenza, ridurre i pagamenti mantenendo nel contempo il livello di impegni, significa semplicemente ritardare il pagamento delle fatture. Sulla questione è intervenuto recentemente anche il Parlamento europeo confermando che «tutti i progetti che l’Ue si impegna a realizzare devono, presto o tardi, essere pagati. Se l’Unione riduce i pagamenti di un determinato esercizio questo non significa che riduce i suoi costi, significa che le sopprime dal bilancio di quell’esercizio per riportarlo semplicemente ad un altro». In altre parole, c’è il rischio che il consiglio europeo scarichi semplicemente la patata bollente sui prossimi capi di Stato e di governo. twitter@sandroiacometti